Lo spagnolo Aurelio Prudenzio Clemente, poeta cristiano, nacque probabilmente a Calagurris, oggi Calahorra, nel 348 d.C. Sarebbe dunque concittadino di Quintiliano, mentre l’anno di nascita si desume dalla sua Praefatio, un prologo a carattere autobiografico ch’egli premise alle sue opere nel 404 – 405 d.C. nel quale afferma di essere nel cinquattasettesimo anno d’età.
Nellla Praefatio Prudenzio traccia prima di tutto un ricordo della sua vita, le lacrime versate sotto le crepantes ferulae del suo maestro, la scuola di retorica che gl’insegnò a “dire il falso”, la lascivia e la lussuria della sua giovinezza, la professione di avvocato e la smania di vincere, il governo di due province dell’impero e infine l’incarico di proximus, qualcosa come un sottosegretario di oggi.
Ma con il progredire dell’età e l’arrivo della canizie viene anche il tempo dei bilanci: gli onori terreni non contano per guadagnarsi la vita eterna bensì le virtù, l’innocenza e la carità; ma il poeta non è ricco, per devolvere i suoi beni ai poveri, non è innocente ma peccatore: la poesia che canti le lodi del Signore, in mancanza delle virtù e dei meriti, è il solo piccolo dono che egli può offrire al Signore. Dopo il ricordo della sua vita, nella Praefatio viene dunque il motivo ispiratore della sua vena poetica: saltem voce Deum concelebret, si meritis nequit, concetto ribadito nell’Epilogus, il carme di congedo.
Infine la Praefatio ricorda le opere. La prima è il Cathemerinon liber, il libro degli inni della giornata. Si tratta di dodici inni in metri diversi dedicati ai diversi momenti della giornata o ad occasioni speciali; dunque, a differenza ad esempio degli inni ambrosiani, erano destinati alla preghiera personale e non all’uso liturgico. Gli inni sono: I – Inno del canto del gallo; II – Inno mattutino; III – Inno prima del cibo; IV – Inno dopo il cibo; V – Inno per l’accensione della lucerna; VI – Inno prima del sonno; VII – Inno dei digiunanti; VIII – Inno dopo il digiuno; IX – Inno d’ogni ora; X – Inno per le esequie di un defunto; XI – Inno per il Natale; XII – Inno per l’Epifania. Il tratto fondamentale della poesia prudenziana è che si tratta di poesia colta, fusione della tradizione classica e della più giovane tradizione cristiana.
Viene poi il Peristephanon liber, il libro delle corone, altra raccolta lirica. È composto di quattordici inni, anche questi in vari metri, in onore di martiri, tra i quali i santi Pietro e Paolo cui è dedicato l’inno XII. Per il racconto della loro cattura, della condanna e dell’esecuzione della pena Prudenzio poté attingere agli Acta martyrum, le raccolte degli atti ufficiali delle udienze, e alle varie passiones che circolavano in gran numero.
Nel priodo del trionfo del Cristianesimo, nell’opera di Prudenzio non poteva mancare una requisitoria contro il paganesimo, affidata ai due libri in esametri del Contra Symmachum. L’occasione era fornita dalla famosa questione del ricollocamento della statua della Vittoria e dell’altare destinato al suo culto nella Curia a Roma, dove si tenevano le sedute del senato. La statua era stata fatta lì collocare da Ottaviano non ancora Augusto dopo la battaglia di Azio nel 31 a.C., e lì era rimasta sovrintendendo ai momenti difficili e alle vittorie di Roma per poco più di quattro secoli, finché nel 382 d.C. sant’Ambrogio aveva ottenuto dall’imperatore Graziano che fosse rimossa. Nell’occasione Graziano aveva anche ridimensionato alcuni superstiti privilegi del paganesimo.
Di lì a poco Graziano moriva, il suo giovanissimo successore Valentiniano II era ancora soggetto alla tutrice, sua madre Giustina di tendenza ariana, e il tentativo dell’usurpatore Massimo complicava le cose. Nel 384 d.C., approfittando anche dell’assenza di Ambrogio in missione presso la corte imperiale a Treviri, il senato, che aveva perso ormai ogni potere sul mondo romano ma aveva conservato la tradizione romana e con essa i retaggi del paganesimo, colse il momento favorevole e presentò una petizione all’imperatore per ottenere la revoca del decreto di Graziano, la ricollocazione della statua della Vittoria al suo posto e la riapertura del suo culto.
A difesa della petizione del senato, uno dei suoi più autorevoli mebri, Quinto Aurelio Simmaco, scrisse una relatio all’imperatore non priva di argomenti e di buon senso. Contro di essa intervenne però prontamente sant’Ambrogio, la cui controdeduzione ebbe la meglio. Da quest’ultima il Contra Symmachum di Prudenzio può considerarsi ispirato per quanto riguarda la linea delle argomentazioni, accendendosi però di luce poetica nel rigore della confutazione dei miti del paganesimo così come negli accenti dell’ironia e del sarcasmo.
Viene poi un poemetto di carattere polemico, l’Apotheosis. Si tratta di una confutazione in esametri delle eresie contro i dogmi della Trinità e dell’Incarnazione. Anche qui, come nel Contra Symmachum, Prudenzio riprende argomentazioni dalla prosa per trasfigurarle nella poesia. Ancora contro l’eresia, questa volta dei Marcioniti, è un secondo poemetto polemico, l’Hamartigenia, sempre in esametri, nel quale viene preliminarmente illustrata l’origine del peccato per passare poi alla confutazione del dualismo gnostico di Marcione. Un terzo poemetto allegorico in esametri, di carattere morale, la Psychomachia, sviluppa il tema della lotta tra vizi e virtù sulle quali trionfano fede e concordia; il metodo allegorico ha assicurato a questo poemetto grande fortuna nel Medio Evo.
Un’unica opera di Prudenzio non compresa nella Praefatio ci è pervenuta: il Dittochaeon, una sequenza di quarantanove tetrastici esametrici, dei quali ventiquattro sul Vecchio e venticinque sul Nuovo Testamento. Erano forse destinati ad illustrare dipinti o mosaici di una basilica, il che spiegherebbe perché non furono previsti nel programma poetico della Praefatio.