Aulus Cornelius Celsus

Aulo Cornelio Celso, scrittore enciclopedico, visse tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. Secondo l’opinione più accreditata nacque probabilmente intorno al 14 a.C. e morì forse nel 39 d.C. Sembra fosse originario della Gallia Narbonense.

Fu autore di una vasta opera enciclopedica, il De artibus o Artes, che comprendeva sei parti, dedicate all’agricoltura, alla scienza militare, alla retorica, alla filosofia, al diritto e alla medicina. Non sappiamo quale fosse l’ordine delle diverse sezioni, ma solo che quella sull’agricoltura comprendeva cinque libri, quella sulla retorica sette, e sei quella dedicata alla filosofia. A noi rimane solo la parte dedicata alla medicina, comunemente detto De medicina, in otto libri, quelli numerati dal VI al XIII.

Altro non sappiamo di lui (anche il prenome Aulus è incerto e non attestato in fonti antiche), anche perchè non godette di buona fama nell’antichità, nonostante possiamo oggi giudicare solida l’impostazione del trattato sulla medicina: Celso può tra l’altro essere considerato il fondatore di un approccio razionale alla scienza medica che fonde l’elemento sperimentale con quello teorico. Secondo Plinio il giovane non fu medico di professione. Columella, autore del più ampio trattato di agricoltura che possediamo dell’antichità, lo cita per lodarne la sezione dedicata all’agricoltura. Il libro dedicato all’arte militare, perduto, è citato come fonte da Vegezio. Quintiliano lo giudica mediocri vir ingenio, ma in altro luogo, parlando della sezione dedicata alla filosofia, aggiunge (De institutione oratoria X 1, 124):

Scripsit non parum multa Cornelius Celsus, Sextios secutus, non sine cultu ac nitore.

I Sestii erano i seguaci di una setta filosofica ispirata allo stoicismo: secondo lo spirito dell’antichità la filosofia era il minimo comun denominatore di tutte le scienze, umane e non.

Agli otto libri del De medicina è premesso un proemio che è un po’ il manifesto programmatico dell’opera. In esso, nel fare una sintesi della storia della medicina, Celso cita una ventina di medici, fino alla sua epoca, la cui opera e il cui pensiero, anche se non fosse stato medico, mostra di ben conoscere. I nomi sono ricordati secondo la suddivisione di appartenenza alle scuole mediche che si erano succedute nell’antichità prima in Grecia e poi a Roma per opera di Greci.

Secondo l’abitudine greca alla speculazione e alla settarietà, dopo Ippocrate, ritenuto già nell’antichità il fondatore della medicina – fu infatti il primo ad intendere la medicina come dottrina diversa dalla filosofia – i seguaci dei suoi insegnamenti, chiamati perciò Dogmatici, erano stati via via avversati da: gli Empirici, che davano invece grande importanza ai dati rilevabili con la pratica e l’esperienza; i Metodici, fondati da Asclepiade di Prusa al suo trasferimento a Roma nel 91 a.C., che si basavano sulla prevenzione – volevano scongiurare le malattie restituendo la normalità ai movimenti degli atomi o il giusto grado di apertura dei pori; i Pneumatici, infine, che sotto l’influenza degli stoici, erano convinti che la salute originasse dal pnèuma o principio vitale.

Rispetto a tutte queste scuole Celso sceglie un approccio originale, anche se non aggiunge nulla di suo ai contributi del passato: sceglie gli elementi più plausibili di ogni scuola e li ordina basandosi su una impostazione metodologica razionale di cui egli è da ritenersi il fondatore nel campo della medicina. Numerose sono perciò le fonti cui Celso attinse, sia greche che latine, tra le quali probabilmente deve essere ricordata l’opera di Aufidio, discepolo di Asclepiade.

Nonostante questo, Celso è però ricordato per le sue intuizioni, è ad esempio il primo ad aver parlato di cancro negli organi interni, e per aver affrontato temi di moderna attualità; ad esempio afferma l’utilità dell’esercizio fisico, discettando a lungo sui pregi e difetti delle diverse forme di attività sportiva (passeggio, corsa, equitazione, gioco della palla, nuoto) per prevenire malattie e tenere il corpo in forma, ma contesta l’inmodicus labor degli atleti. Si dice che a Roma i bagni fossero divenuti una vera e propria mania in epoca imperiale, tanto che pare che il detto "Bacco, tabacco e Venere" con quel che segue suonasse a Roma, non esistendo il tabacco, come "Bacco, bagni e Venere"; e Celso, confermando il detto o forse anticipandolo, poiché gran parte degli splendidi edifici termali di cui rimangono ampi resti a Roma saranno costruiti nel seguito, si sofferma a lungo e in numerosi punti sull’utilità dei bagni, sia a scopo igienico che terapeutico. Accenna anche alla necessità di edifici termali ampi, alti e luminosi, guarda caso le caratteristiche che più impressionano i moderni nelle terme romane.

Nel De medicina la scienza medica è divisa in tre parti: dietetica, farmaceutica e chirurgia. Questa tripartizione classica è accettata da Celso e costituisce un po’ lo schema su cui si sviluppa il trattato. Nel proemio dell’opera è infatti scritto (De medicina, Proemium 9):

Iisdemque temporibus in tres partes medicina diducta est, ut una esset quae victu, altera quae medicamentis, tertia quae manu mederetur. Primam Diatetikèn secundam Farmakeutikèn tertiam Keirourgìan Graeci nominarunt.

Un proemio è premesso anche al secondo, al quinto e al settimo libro. Questi ultimi due ribadiscono la tripartizione e scandiscono lo schema dell’opera; il proemio del secondo libro serve a distinguere la dietetica vera e propria, trattata nel primo libro, dalla descrizione dei sintomi delle malattie.

Infatti, i primi quattro libri sono dedicati alle malattie, e di questi: il primo libro analizza la dietetica e le prescrizioni igieniche; il secondo tratta della prognosi e della diagnosi; terzo e quarto sono occupati dalla classificazione delle malattie. I libri quinto e sesto, dedicati alla farmaceutica, affrontano i metodi di cura: Celso, in opposizione alla scuola di Asclepiade sostiene il valore delle cure basate sulle sostanze medicinali più che sulle pratiche di igiene generale. I libri settimo e ottavo trattano della chirurgia e conservano un alto valore documentale per le numerose notizie che danno sugli strumenti adoperati dai medici nell’antichità.

Celso comunque ha ben presente l’inseparabilità delle varie parti della medicina (Liber V, Proemium 2):

Illud ante omnia scire convenit, quod omnes medicinae partes ita innexae sunt, ut ex toto separari non possint sed ab eo nomen trahant, a quo plurimum petunt.

Irrisolto rimane il problema se egli fosse medico oppure no. All’affermazione recisa di Plinio il giovane fa da contraltare la precisione di certe osservazioni, che sembrano provare che egli avesse vera esperienza e non fosse solo un pur attento copista della pratica altrui. Ad esempio, descrive in modo molto preciso l’intervento di estrazione dei calcoli vescicali attraverso l’incisione perineale che sarebbe stata praticata da allora per più di mille anni.

Rimane il fatto che fu il primo a trattare sistematicamente dell’arte medica e ad affermare nei fatti il principio che in medicina occorre rimanere equidistanti dalle diverse dottrine, l’empirismo e il razionalismo, per usare il meglio dello stato della conoscenza. Si è occupato con larghezza di dati di ogni ramo della medicina, fornendo con chiarezza tecnica e limpidezza di linguaggio un utile servizio alla divulgazione.