L’astrologo Taruzio e la nascita di Romolo

Cicerone De divinatione 2,47:

Videsne, me non ea dicere, quae Carneades, sed ea, quae princeps Stoicorum Panaetius dixerit? Ego autem etiam haec requiro, omnesne, qui Cannensi pugna ceciderint, uno astro fuerint; exitus quidem omnium unus et idem fit. Quid? Qui ingenio atque animo singulares, num astro quoque uno? Quod enim tempus quo non innumerabiles nascuntur? At certe similis nemo Homeri. Et, si ad rem pertinet quo modo caelo adfecto compositisque sideribus quodque animal oriatur, valeat id necesse est non in hominibus solum, verum in bestiis etiam; quo quid potest dici absurdius? L. quidem Tarutius Firmanus, familiaris noster, in primis Chaldaicis rationibus eruditus, urbis etiam nostrae natalem diem repetebat ab iis Parilibus, quibus eam a Romulo conditam accepimus, Romamque, in iugo cum esset Luna, natam esse dicebat, nec eius fata canere dubitabat. O vim maxumam erroris! Etiamne urbis natalis dies ad vim stellarum et lunae pertinebat? Fac in puero referre ex qua adfectione caeli primum spiritum duxerit; num hoc in latere aut in caemento, ex quibus urbs effecta est, potuit valere? Sed quid plura? Cotidie refelluntur. Quam multa ego Pompeio, quam multa Crasso, quam multa huic ipsi Caesari a Chaldaeis dicta memini, neminem eorum nisi senectute, nisi domi, nisi cum claritate esse moriturum! Ut mihi permirum videatur quemquam exstare qui etiam nunc credat iis quorum praedicta cotidie videat re et eventis refelli.

Plutarco Romulus 12:

[12,1] ὅτι μὲν οὖν ἡ κτίσις ἡμέρᾳ γένοιτο τῇ πρὸ ἕνδεκα καλανδῶν Μαΐων, ὁμολογεῖται, καὶ τὴν ἡμέραν ταύτην ἑορτάζουσι Ῥωμαῖοι, γενέθλιον τῆς πατρίδος ὀνομάζοντες. ἐν ἀρχῇ δ᾽ὥς φασιν οὐδὲν ἔμψυχον ἔθυον, ἀλλὰ καθαρὰν καὶ ἀναίμακτον ᾤοντο δεῖν τῇ πατρίδι τὴν ἐπώνυμον τῆς γενέσεως ἑορτὴν φυλάττειν. οὐ μὴν ἀλλὰ καὶ πρὸ τῆς κτίσεως βοτηρική τις ἦν αὐτοῖς ἑορτὴ κατὰ ταύτην τὴν ἡμέραν, καὶ Παρίλια προσηγόρευον αὐτήν. [2] νῦν μὲν οὖν οὐδὲν αἱ Ῥωμαϊκαὶ νουμηνίαι πρὸς τὰς Ἑλληνικὰς ὁμολογούμενον ἔχουσιν: ἐκείνην δὲ τὴν ἡμέραν, ᾗ τὴν πόλιν ὁ Ῥωμύλος ἔκτιζεν, ἀτρεκῆ τριακάδα τυχεῖν λέγουσι, καὶ σύνοδον ἐκλειπτικὴν ἐν αὐτῇ γενέσθαι σελήνης πρὸς ἥλιον, ἣν εἰδέναι καὶ Ἀντίμαχον οἴονται τὸν Τήιον ἐποποιόν, ἔτει τρίτῳ τῆς ἕκτης ὀλυμπιάδος συμπεσοῦσαν. [3] ἐν δὲ τοῖς κατὰ Βάρρωνα τὸν φιλόσοφον χρόνοις, ἄνδρα Ῥωμαίων ἐν ἱστορίᾳ βυβλιακώτατον, ἦν Ταρούτιος ἑταῖρος αὐτοῦ, φιλόσοφος μὲν ἄλλως καὶ μαθηματικός, ἁπτόμενος δὲ τῆς περὶ τὸν πίνακα μεθόδου θεωρίας ἕνεκα καὶ δοκῶν ἐν αὐτῇ περιττὸς εἶναι. [4] τούτῳ προὔβαλεν ὁ Βάρρων ἀναγαγεῖν τὴν Ῥωμύλου γένεσιν εἰς ἡμέραν καὶ ὥραν, ἐκ τῶν λεγομένων ἀποτελεσμάτων περὶ τὸν ἄνδρα ποιησάμενον τὸν συλλογισμόν, ὥσπερ αἱ τῶν γεωμετρικῶν ὑφηγοῦνται προβλημάτων ἀναλύσεις: τῆς γὰρ αὐτῆς θεωρίας εἶναι, χρόνον τε λαβόντας ἀνθρώπου γενέσεως βίον προειπεῖν, καὶ βίῳ δοθέντι θηρεῦσαι χρόνον. [5] ἐποίησεν οὖν τὸ προσταχθὲν ὁ Ταρούτιος, καὶ τά τε πάθη καὶ τὰ ἔργα τοῦ ἀνδρὸς ἐπιδών, καὶ χρόνον ζωῆς καὶ τρόπον τελευτῆς καὶ πάντα τὰ τοιαῦτα συνθείς, εὖ μάλα τεθαρρηκότως καὶ ἀνδρείως ἀπεφήνατο, τὴν μὲν ἐν τῇ μητρὶ τοῦ Ῥωμύλου γεγονέναι σύλληψιν ἔτει πρώτῳ τῆς δευτέρας ὀλυμπιάδος ἐν μηνὶ κατ᾽ Αἰγυπτίους Χοιὰκ τρίτῃ καὶ εἰκάδι τρίτης ὥρας, καθ᾽ ἣν ὁ ἥλιος ἐξέλιπε παντελῶς, τὴν δ᾽ ἐμφανῆ γέννησιν ἐν μηνὶ Θωὺθ ἡμέρᾳ πρώτῃ μετ᾽ εἰκάδα περὶ ἡλίου ἀνατολάς: [6] κτισθῆναι δὲ τὴν Ῥώμην ὑπ᾽ αὐτοῦ τῇ ἐνάτῃ Φαρμουθὶ μηνὸς ἱσταμένου μεταξὺ δευτέρας ὥρας καὶ τρίτης. ἐπεὶ καὶ πόλεως τύχην ὥσπερ ἀνθρώπου κύριον ἔχειν οἴονται χρόνον, ἐκ τῆς πρώτης γενέσεως πρὸς τὰς τῶν ἀστέρων ἐποχὰς θεωρούμενον. ἀλλὰ ταῦτα μὲν ἴσως καὶ τὰ τοιαῦτα τῷ ξένῳ καὶ περιττῷ προσάξεται μᾶλλον ἢ διὰ τὸ μυθῶδες ἐνοχλήσει τοὺς ἐντυγχάνοντας αὐτοῖς.

Solino De mirabilibus mundi 1,17-18:

[1,17] Nam, ut adfirmat Varro auctor diligentissimus, Romam condidit Romulus, Marte genitus et Rea Silvia, vel ut nonnulli Marte et Ilia: dictaque primum est Roma quadrata, quod ad aequilibrium foret posita. [18] Ea incipit a silva quae est in area Apollinis, et ad supercilium scalarum Caci habet terminum, ubi tugurium fuit Faustuli. Ibi Romulus mansitavit, qui auspicato murorum fundamenta iecit duodeviginti natus annos, XI K.Mai., hora post secundam ante tertiam plenam, sicut L. Tarruntius prodidit mathematicorum nobilissimus, Iove in Piscibus, Saturno Venere Marte Mercurio in Scorpione, Sole in Tauro, Luna in Libra constitutis.

La conoscenza dell’opera del celebre erudito enciclopedico e graforroico del I secolo a.C. Marco Terenzio Varrone sarebbe oggi di estremo interesse. Tuttavia, essendo detta opera naufragata quasi interamente nella tradizione manoscritta, il nome del Reatino è oggi associato prevalentemente al suo calcolo della fondazione di Roma e alla sua ricostruzione della lista consolare dei primi secoli, oggi ancor più che nell’antichità quasi universalmente adottata quale versione ufficiale della cosiddeta Era ab Urbe condita.

In quest’ambito un aspetto meno noto ma di estremo interesse per l’indagine cronologica è l’approfondimento che egli condusse con l’aiuto di un amico, tale Taruzio, sulle condizioni astrologiche relative a Romolo e a Roma. Di questo approfondimento Plutarco, Cicerone e Solino ci hanno lasciato notizie di assoluto interesse.

Non senza evidente scetticismo, Plutarco riporta che Varrone chiese a un suo amico, Lucio Taruzio, filosofo, matematico e astrologo, di formulare una sorta di “oroscopo inverso” di Romolo: cioè di derivare la configurazione del cielo appropriata alle vicende della vita e della morte del fondatore dell’Urbe che la tradizione raccontava e da essa determinare la data della nascita. Infatti, annota lo storico, Taruzio si era volto ad applicare la sua scienza alla deduzione meccanicistica degli eventi della vita di un uomo una volta nota la sua data di nascita e, come avrebbe detto Varrone, la medesima scienza doveva permettere di risalire al tempo della nascita una volta noti gli eventi della sua vita.

Il nome di Taruzio è noto anche da Plinio Maggiore, secondo il quale (ex auctoribus libri XVIII de rerum natura) egli Graece de astris scripsit. Ma è d’interesse soprattutto la citazione di Cicerone, il quale, scrivendo il De divinatione al principio del 44 a.C., accenna al familiaris noster Lucio Taruzio, originario di Firmum e in primis Chaldaicis rationibus eruditus, che andava cercando la data della fondazione di Roma a partire dall’unico accenno cronologico, le Parilie, che la tradizione gli consegnava. L’Arpinate ironizza sulla sicurezza con la quale Taruzio diceva Roma nata quando la Luna era in Bilancia. Più entusiasta e completo di lui è Solino, che del Firmano, da lui nominato Tarrunzio e definito mathematicorum nobilissimus, consegna alla nostra indagine l’intero oroscopo dell’Urbe.

Riassumendo le fonti, le conclusioni di Taruzio sono riportate di seguito:

  1. Romolo fu concepito nel ventre materno nel primo anno della seconda olimpiade (= 772/771) il giorno Choiac 23 del calendario egizio, nella terza ora, quando il Sole era completamente oscurato da una eclisse.
  2. Romolo nacque il giorno Thoth 21 all’alba (evidentemente in a.Ol. 2.2 = 771/770).
  3. Romolo fondò Roma il giorno Pharmouthi 9 (senza precisare l’anno), tra la seconda e la terza ora, quando la configurazione celeste era la seguente: Giove nei Pesci; Saturno, Venere, Marte e Mercurio nello Scorpione; il Sole nel Toro; la Luna nella Bilancia.

Seguendo Plutarco, in linea di principio Taruzio avrebbe prima fissato la posizione degli astri alla nascita dagli eventi della vita di Romolo per poi derivarne la data, anzi le date di concepimento e di nascita che sono giunte fino a noi. Tuttavia, l’oroscopo di Romolo non ci è dato dalla tradizione, mentre ci è dato quello di Roma. Non è chiaro se Taruzio li abbia derivati entrambi per via astrologica (e quindi il primo non ci è giunto), o soltanto il secondo (contro la lettera di Plutarco), o infine se quello di Roma non sia un oroscopo ma il calcolo astronomico della posizione degli astri una volta nota la data di fondazione.

Stabilire il procedimento astrologico e ricostruire i calcoli astronomici di Taruzio è un filo che la storia della scienza non può oggi dipanare facilmente. Al primo punto, oltre che la sconoscenza dell’astrologia antica, nuoce l’insita arbitrarietà; riguardo il secondo punto, le date espresse nel calendario egizio ci riconducono con certezza all’antica sapienza astronomica alessandrina, che noi però conosciamo prevalentemente attraverso l’opera del ben più tardo Claudio Tolomeo, fiorito intorno alla metà del II secolo d.C. Né del resto le fonti chiariscono quanto Taruzio fosse davvero addentrato in quelle discipline. Possiamo soltanto osservare che il calendario egizio utilizzato era certamente quello vago, poiché quello riformato di Augusto sarebbe stato varato solo intorno al 30 d.C., forse dopo la morte dello stesso Varrone (avvenuta nel 27 a.C.) e, comunque, presso gli astronomi alessandrini non avrebbe mai attecchito.

Peraltro, alla cronachistica versione del più tardo Plutarco sembra preferibile il racconto più diretto del contemporaneo Cicerone, il quale lascia intendere che quella dell’oroscopo (di Roma, non di Romolo) era non una richiesta dell’amico Reatino ma un’idea fissa dell’amico Firmano, e che questi dovette cercare i dati astrologici che meglio si conciliavano con la tradizione. Del resto, anche prescindendo dalla discrezionalità dei metodi astrologici, il problema puramente astronomico di determinare una data richiedeva l’aggiunta di opportune quanto arbitrarie condizioni al contorno. In questo senso, appare naturale che, per cercare la soluzione matematica, Taruzio sia partito dall’anno accettato da Varrone per la fondazione di Roma, cioè a.Ol. 6.3 = 754/753. In quell’anno fissò una data di fondazione con ragioni a noi ancora sconosciute, per la quale calcolò la posizione degli astri. Considerando poi che le fonti sono concordi nell’assegnare la fondazione al 18° anno della vita di Romolo (cioè quando aveva 17 anni), da a.Ol. 6.3 sottrasse quattro olimpiadi e un anno e pose la nascita di Romolo in a.Ol. 2.2 = 771/770, e quindi il concepimento in a.Ol. 2.1 = 772/771.

Nell’intervallo 773-770 a.C. giuliano si ha Thoth 1 = 4 marzo da cui consegue Choiac 23 = 24 giugno e Thoth 21 = 24 marzo, pertanto le date candidate per il concepimento di Romolo secondo Taruzio sono il 24 giugno 772 e il 24 giugno 771, mentre le date possibili per la nascita di Romolo sono il 24 marzo 771 o il 24 marzo 770. Per affinare la scelta abbiamo ancora un elemento a disposizione, l’eclisse al concepimento, nell’ora terza.

In generale, quella delle eclissi collegate alla vita di Romolo è questione di portata non trascurabile per due motivi: 1) la tradizione riportava diverse eclissi associate a Romolo, anzi oggi possiamo dividere le fonti sostanzialmente tra quelle che ponevano una eclisse in concomitanza della nascita di Romolo (alla quale spesso aggiungevano una ulteriore eclisse al momento della sua morte, a prescindere dalla versione sugli eventi della morte), e quelle che ne ponevano una alla fondazione di Roma; 2) come abbiamo spiegato supra, riportando il passo del De re publica di Cicerone, Varrone si servì con ogni probabilità delle eclissi per integrare il periodo dal principio del V secolo a.C. all’indietro fino al tempo di Romolo.

Si tratta di tradizioni il cui fondamento è senz’altro incerto. Ad esempio dalle fonti che precedono l’epoca di Varrone, nessuna delle quali è oggi disponibile in originale, non è giunta fino a noi notizia di una eclisse in occasione della nascita di Romolo (e di Remo): non ne fanno menzione Dionigi di Alicarnasso, che cita esplicitamente Quinto Fabio Pittore, né Tito Livio (ma Floro Epitome de T. Livio 1,1 menziona la solis defectio tra le circostanze della fine di Romolo, rapito alla vista presso la palude Capra).

Invece, nel medesimo passo sopra citato Plutarco aggiunge che ai suoi tempi, nonostante fosse difficile conciliare i calendari greci e quello romano, si diceva che Roma sarebbe stata fondata nel 30° giorno di un mese nel quale si verificò una eclisse di sole, che si credeva essere quella osservata dal poeta Antimaco di Teo nel terzo anno della sesta olimpiade (che è proprio quello di Varrone). Chi dicesse e credesse queste cose e a quale calendario appartenesse il mese di 30 giorni non è precisato, ma è lecito pensare che Plutarco riferisse una opinione comune nel mondo culturale greco, sia per l’accenno al disaccordo tra i calendari, e soprattutto per il fatto che i mesi dei calendari greci erano tradizionalmente lunari e che pertanto il 30° e ultimo giorno del mese era “senza luna” (il giorno successivo, primo giorno del mese seguente, era chiamato νουμηνία cioè luna nuova, con riferimento all’apparire della prima falce), era cioè il giorno intorno al quale possono avvenire eclissi di sole.

Tutte queste notizie hanno dato luogo non solo agli sforzi di Varrone, ma anche a studi ed approfondimenti in epoca moderna: ad esempio, poiché la tradizione assegna 54 anni di vita a Romolo (17 di età alla fondazione e 37 di regno), si sono cercate coppie di eclissi distanti 54 anni nel corso dell’VIII secolo, senza peraltro ottenere risultati apprezzabili.

Come pegno di futuri approfondimenti, riportiamo di seguito l’elenco delle eclissi visibili a Firenze (il perché di questa scelta sarà chiaro fra breve) nell’intervallo inclusivo giuliano 780-740 a.C.

Tipo Grandezza Data T.U.
Anulare Centrale 0,785 04/04/0778 10h32m57s
Totale Centrale 0,197 16/09/0777 10h54m06s
Parziale 0,514 31/01/0775 07h38m36s
Parziale 0,021 24/06/0772 07h42m54s
Parziale 0,272 19/11/0772 12h06m20s
Anulare Centrale 0,711 08/11/0771 10h44m38s
Totale Centrale 0,043 05/05/0770 10h37m53s
Totale Centrale 0,948 10/02/0765 08h10m30s
Totale Centrale 0,632 15/06/0763 07h32m03s
Anulare 0,279 17/09/0758 08h23m16s
Totale Centrale 0,239 31/01/0756 07h09m46s
Anulare Centrale 0,105 16/07/0755 03h51m17s
Totale Centrale 0,323 05/07/0754 17h35m06s
Anulare Centrale 0,455 07/09/0749 05h36m42s
Totale Centrale 0,408 25/06/0745 17h02m49s
Anulare Centrale 0,74 09/12/0744 08h02m36s

Le stesse eclissi furono visibili anche da Roma, con la sola eccezione di quella del 24 giugno 772 a.C., proprio quella apparentemente individuata da Taruzio.

Infatti, il 24 giugno 772 a.C. si verificò effettivamente una eclisse di sole visibile nell’emisfero nord poco prima delle 8 T.U., ora che ben si accorda con l’ora terza (dalle 8 alle 9 del mattino) del meridiano di Roma. Ce ne sarebbe d’avanzo per identificarla con quella di Taruzio, però quella eclisse in Italia si poté cominciare ad avvertirla soltanto da Firenze in su. Alle coordinate di Roma non soltanto non fu totale, ma nemmeno poté essere vista.

La spiegazione di questi fatti, ancora ignota, non può prescindere dall’approfondimento delle stranezze di Taruzio. Come abbiamo detto, parte della tradizione associava una eclisse alla nascita di Romolo. Ora Taruzio ci spiazza appellandosi ad una eclisse non proprio alla nascita, ma al concepimento: era per lui l’unico modo di conciliare la tradizione con i calcoli astronomici, quello di anticipare di un anno rispetto all’anno di fondazione stabilito da Varrone? In fondo le eclissi non sono così frequenti, e, riguardo la visibilità, forse il suo metodo gli indicava che Roma rientrava nella fascia di visibilità. In effetti, ciò che sorprende non è tanto che Taruzio abbia reso totale quella eclisse che a Roma non era nemmeno parziale, quanto invece che non abbia preso una delle altre eclissi disponibili: quella del 19 novembre 772 a.C. (che avrebbe fatto Romolo ancora diciassettenne nella primavera del 753 a.C.), o quella dell’8 novembre 771 a.C. (da associare alla nascita invece che al concepimento). Forse il suo metodo di calcolo, oltre a sbagliare nel determinare la fascia di visibilità, non riusciva a predire talune eclissi?

In realtà, un appiglio per spiegare la preferenza accordata all’eclisse del 24 giugno 772 esiste: il 24 giugno era la data giuliana in cui nel primo periodo di applicazione del calendario giuliano cadeva mediamente il solstizio d’estate (mentre l’equinozio di primavera cadeva in media il 25 marzo, assai vicino all’asserita nascita romulea). Pertanto ciò offriva una sanzione astronomica al personaggio di Romolo. Ma una sanzione piuttosto imprecisa: se infatti nel 45 a.C. il solstizio d’estate cadeva mediamente il 24 giugno e l’equinozio di primavera il 25 marzo, tuttavia andando indietro nei secoli tali date si spostavano in avanti di un giorno ogni 128 anni circa per l’imprecisione del calendario stesso. Perciò, settecento e più anni prima dell’introduzione del calendario giuliano esse cadevano alcuni giorni dopo il 24 giugno/25 marzo.

In effetti, non è nemmeno chiaro se Taruzio abbia prodotto (o modificato) i suoi calcoli prima o dopo la vigenza del calendario giuliano. Comunque ai suoi tempi la durata di 365 + 1/4 giorni per l’anno tropico era comunemente conosciuta e da lungo tempo adottata nella comunità scientifica. A questa doveva anzi essere noto anche il fatto che la reale durata era leggermente inferiore di 365,25 giorni, poiché Ipparco (l’astronomo greco scopritore della precessione degli equinozi) meno di un secolo prima di Taruzio l’aveva corretta in 365 + 1/4 – 1/300 giorni. Lo stesso Ipparco soleva registrare le sue osservazioni di solstizi ed equinozi, giunte fino a noi attraverso l’Almagesto di Tolomeo, al quarto di giorno (mezzanotte, alba, mezzodì, tramonto), il che evidenzia una ulteriore stranezza di Taruzio: nel precisare che Romolo nacque all’alba, egli si fermò al quarto di giorno, mentre nelle altre due date si spinse fino all’ora. Forse egli eseguì il calcolo a partire da un solstizio dei suoi tempi a lui noto, approssimandolo al quarto di giorno e sottraendo 365,25 giorni per anno, fino alla nascita di Romolo?

Venendo alla fondazione di Roma, abbiamo già detto che l’anno non è riportato da Plutarco né da Solino, ma che deve essere cercato nel 18° anno della vita di Romolo, quindi dal 24 marzo 754 in poi, e in corrispondenza di Pharmouthi 9 le date possibili sono il 4 ottobre 754 oppure (tenendo conto che il 753 a.C. fu bisestile) il 3 ottobre 753. Qui la sopresa è ancora più grande: ottobre è evidentemente ben lontano dall’aprile della tradizione, anzi diametralmente opposte in termini di stagione. Si può osservare che il mese Pharmouthi cadeva più o meno in aprile a metà del I secolo a.C.: che Taruzio abbia ritenuto ininfluenti sette secoli di differenza? Ma è quasi la metà dei 1460 anni che occorrono a una data del calendario vago per fare il giro completo dell’anno solare: è credibile un errore tanto grossolano per uno che, secondo Plinio, scrisse in greco di astronomia? Oppure tutte le sue conclusioni sono il pesce d’aprile (sic!) di uno studioso altrimenti attendibile, uno scherzo riportato come curiosità dall’amico Varrone e preso troppo sul serio dai posteri? O forse i calcoli di Varrone conducevano alla conclusione che l’aprile dell’irregolare calendario romano cadeva allora nell’ottobre giuliano prolettico?

Fatto sta che i segni zodiacali da Solino attribuiti ai calcoli del Firmano mostrano una certa coincidenza con quello che possiamo calcolare oggi per il 4 ottobre 754 a.C. usando le formule moderne o, meglio, quelle descritte da Tolomeo: sono cioè quelli giusti con l’eccezione di Marte (per poco: era in Bilancia invece che in Scorpione), nonché Mercurio (era in Pesci anziché Scorpione) e il Sole (era in Bilancia anziché in Toro), entrambi questi due in posizione quasi opposta. Se una spiegazione riguardo Marte e Mercurio può trovarsi nella difficoltà di trovare una buona approssimazione del loro moto a causa della forte eccentricità dell’orbita, inspiegabile è l’errore che riguarda il Sole. La posizione nel cielo della Luna, invece, che è di gran lunga la più sensibile agli errori poiché cambia in pochi giorni, è corretta e correttamente riportata non soltanto da Solino ma anche da Cicerone.