Indice degli argomenti trattati
- La riforma di Augusto
- Il mensis Augustus
- Il ripristino della regola bisestile
- La variazione della lunghezza dei mesi
Indice delle fonti letterarie utilizzate
- Varrone De re rustica I,28 (opera composta nel 37 a.C.)
- Livio Periochae ex libro CXXXIV (gli ab Urbe condita libri furono pubblicati nei primi decenni dell’era volgare, il riassunto risale al IV secolo)
- Suetonio De vita Caesarum Aug. 31 (opera edita attorno al 120 d.C.)
- Dione Cassio Historia Romana 48,33,4&53,20,1-4&55,6,6-7 (opera pubblicata nella prima metà del III secolo)
- Censorino De die natali liber 22,16-17 (opera pubblicata nella prima metà del III secolo)
- Solino De mirabilibus mundi I,45-47 (opera edita probabilmente attorno al 260 d.C.)
- Macrobio Saturnalia I,12,35 e I,14,1-15 (opera edita attorno al 430 d.C.)
- Giovanni da Sacrobosco De anni ratione De mensibus (opera pubblicata attorno al 1235 d.C.)
La riforma di Augusto
Suetonio op.cit. Aug. 31:
[Aug. 31] […] Annum a Divo lulio ordinatum, sed postea neglegentia conturbatum atque confusum, rursus ad pristinam rationem redegit; in cuius ordinatione Sextilem mensem e suo cognomine nuncupavit magis quam Septembrem quo erat natus, quod hoc sibi et primus consulatus et insignes victoriae optigissent. […]
Per più di sedici secoli il calendario giuliano è rimasto sostanzialmente immutato, poiché in tutto questo periodo subì due sole modifiche. La prima, quasi esclusivamente cosmetica, avvenne nel 44 a.C. per iniziativa legislativa del console Marco Antonio e fu la dedicazione del mese Quintilis, ribattezzato Iulius, luglio, al divo Giulio Cesare pater patriae, che nel mese quintile era nato il giorno 13.
La seconda modifica risale probabilmente all’8 a.C. e fu più articolata: non soltanto essa cambiò il nome del mese Sextilis in Augustus, agosto, per tributare ad Augusto lo stesso onore che era stato tributato a Cesare, ma soprattutto sanò un curioso errore di applicazione della regola bisestile; infine, ma solo secondo una tradizione tardo-medievale che non appare avere alcuna radice antica e che possiamo oggi smentire su altre basi, avrebbe alterato la durata di alcuni mesi.
Questa vera e propria riforma fu promossa dallo stesso Augusto, che era divenuto pontifex maximus nel 12 a.C. e aveva quindi il potere di regolare i fasti, cioè il calendario. Giulio Cesare, che quella carica l’aveva ricoperta dal 63 a.C. fino alla morte, se ne era avvalso addirittura per varare la storica riforma che introdusse il calendario giuliano. Sembra che anche la portata della riforma di Augusto, seppure non epocale come quella giuliana, fu di importanza capitale per l’organizzazione imperiale. In questo senso si esprimono, se non le fonti letterarie, le fonti epigrafiche e papirologiche, la cui esiguità non permette però di raggiungere al momento conclusioni definitive.
Il mensis Augustus
Epitomatore di Livio loc.cit.:
C. Caesar rebus compositis et omnibus provinciis in certam formam redactis Augustus quoque cognominatus est; et mensis Sextilis in honorem eius appellatus est.
Cassio Dione op.cit. 53,20,1-4:
[53,20,1] Αὔγουστος μὲν δὴ ὁ Καῖσαρ, ὥσπερ εἶπον, ἐπωνομάσθη, καὶ αὐτῷ σημεῖον οὐ σμικρὸν εὐθὺς τότε τῆς νυκτὸς ἐπεγένετο: ὁ γὰρ Τίβερις πελαγίσας πᾶσαν τὴν ἐν τοῖς πεδίοις Ῥώμην κατέλαβεν ὥστε πλεῖσθαι, καὶ ἀπ᾽αὐτοῦ οἱ μάντεις ὅτι τε ἐπὶ μέγα αὐξήσοι καὶ ὅτι πᾶσαν τὴν πόλιν ὑποχειρίαν ἕξοι προέγνωσαν. [2] χαριζομένων δ᾽αὐτῷ καθ᾽ὑπερβολὴν ἄλλων ἄλλα, Σέξτος τις Πακούουιος, ὡς δ᾽ἕτεροι λέγουσιν Ἀπούδιος, πάντας ἐξενίκησεν: ἐν γὰρ τῷ συνεδρίῳ ἑαυτόν τέ οἱ τὸν τῶν Ἰβήρων τρόπον καθωσίωσε καὶ τοῖς ἄλλοις συνεβούλευε τοῦτο ποιῆσαι. [3] ἐπειδή τε ὁ Αὔγουστος ἐμποδών οἱ ἐγένετο, πρός τε τὸ πλῆθος τὸ προσεστὸς ἐξεπήδησεν ῾ἐδημάρχει γάρ᾽ καὶ ἐκείνους τε καὶ μετὰ ταῦτα καὶ τοὺς λοιπούς, κατά τε τὰς ὁδοὺς καὶ κατὰ τοὺς στενωποὺς περινοστήσας, καθιερῶσαί σφας τῷ Αὐγούστῳ κατηνάγκασεν: [4] ἀφ᾽οὗπερ καὶ νῦν προστρεπόμενοι τὸν κρατοῦντα λέγειν εἰώθαμεν ὅτι ‘σοι καθωσιώμεθα.’ Καὶ ὁ μὲν καὶ θῦσαι ἐπὶ τούτῳ πάντας ἐποίει. ἔν τε τῷ ὁμίλῳ ποτὲ κληρονόμον ἔφη τὸν Αὔγουστον ἐξ ἴσου τῷ υἱεῖ καταλείψειν, οὐχ ὅτι τι εἶχεν, ἀλλ᾽ὅτι καὶ προσλαβεῖν ἠθέλησεν, ὃ καὶ ἐγένετο.
Cassio Dione op.cit. 55,6,6-7:
[55,6,6] αὐτὸς γὰρ ἐκεῖνα μὲν οὐκ ἠθέλησε πέμψαι, ἐς δὲ δὴ τὰ γενέθλια ἱπποδρομίαν ἀίδιον ἔλαβε. τά τε τοῦ πωμηρίου ὅρια ἐπηύξησε, καὶ τὸν μῆνα τὸν Σεξτίλιον ἐπικαλούμενον Αὔγουστον ἀντωνόμασε: [7] τῶν γὰρ ἄλλων τὸν Σεπτέμβριον οὕτως, ἐπειδήπερ ἐν αὐτῷ ἐγεγέννητο, προσαγορεῦσαι ἐθελησάντων ἐκεῖνον αὐτοῦ προετίμησεν, ὅτι καὶ ὕπατος ἐν αὐτῷ τὸ πρῶτον ἀπεδέδεικτο καὶ μάχας πολλὰς καὶ μεγάλας ἐνενικήκει.
Censorino op.cit. 22,16-17:
[22,16] Ex his duodecim mensibus duorum tantum nomina inmutata: nam Quintilis Iulius cognominatus est C. Caesare V et M. Antonio cons. anno Iuliano secundo; qui autem Sextilis fuerat, ex C. Marcio Censorino C. Asinio Gallo cons. in Augusti honorem dictus est Augustus anno Augusti vicensimo, quae nomina etiam nunc ad hanc permanent memoriam. [17] Postea vero multi principes nomina quaedam mensium inmutaverunt suis nuncupando nominibus: quod aut ipsi postmodum mutaverunt, aut post obitum eorum illa nomina pristina suis reddita mensibus.
Macrobio op.cit. I,12,35:
[I,12,35] Augustus deinde est qui Sextilis antea vocabatur, donec honori Augusti daretur ex senatusconsulto cuius verba subieci:
CUM IMPERATOR CAESAR AUGUSTUS MENSE SEXTILI ET PRIMUM CONSULATUM INIERIT. ET TRIUMPHOS TRES IN URBEM INTULERIT. ET EX IANICULO LEGIONES DEDUCTAE SECUTAEQUE SINT EIUS AUSPICIA AC FIDEM. SED ET AEGYPTUS HOC MENSE IN POTESTATEM POPULI ROMANI REDACTA SIT. FINISQUE HOC MENSE BELLIS CIVILIBUS INPOSITUS SIT. ATQUE OB HAS CAUSAS HIC MENSIS HUIC IMPERIO FELICISSIMUS SIT AC FUERIT. PLACERE SENATUI UT HIC MENSIS AUGUSTUS APPELLETUR.
Item plebiscitum factum ob eandem rem Sexto Pacubio tribuno plebem rogante.
La notizia secondo la quale il mese Sextilis fu rinominato Augustus in onore di Ottaviano Augusto è presente in diverse fonti apparentemente concordi. Secondo Macrobio l’onore gli sarebbe stato tributato con un senatoconsulto (del quale riporta persino il testo) seguito da un plebiscito su richiesta del tribuno della plebe Sesto Pacuvio. Nel 44 a.C. il medesimo onore, su proposta di legge di Marco Antonio, era stato decretato a Giulio Cesare rinominando Quintilis in Iulius, poiché Cesare vi era nato il 13. Analogamente per Augusto si sarebbe potuto scegliere settembre, nel quale egli era nato il giorno 23 (Velleio Patercolo Historia Romana II,65,2). Tuttavia, Augusto preferì il mese sestile perchè in esso aveva ottenuto le più grandi vittorie politiche e militari.
Ma le fonti sembrano contraddirsi sull’elemento più importante, quando cioè gli fu tributato questo onore. Censorino è l’unico a esplicitare l’anno, il ventesimo di Augusto, quello del consolato di Gaio Marcio Censorino e Gaio Asinio Gallo, cioè l’anno 746 a.U.c. = 8 a.C. Invece le Perioche di Livio citano il fatto nel passo riferito al 727 a.U.c. = 27 a.C. a margine della concessione del cognomen Augustus: il 17 gennaio di quell’anno infatti (cfr. Censorino De die natali XXI,8) il senato conferì a Ottaviano tutti i poteri e i massimi onori, tra i quali l’appellativo di Augusto. Nelle Perioche la sequenza degli eventi non è sempre uguale a quella originale, come possiamo constatare per i libri liviani che possediamo in versione integrale; tuttavia, è ingiustificato assumere senz’altro che la notizia sia stata spostata. Inoltre Cassio Dione ricorda per l’anno 27 a.C. un Sesto Pacuvio tribuno della plebe assai impegnato nell’adulazione di Augusto, fornendo un possibile riferimento a quell’anno anche per la notizia di Macrobio. Del resto, il testo del senatoconsulto che quest’ultimo trascrive, non altrimenti datato, motiva la concessione con i soli fatti legati alla guerra civile, facendo più verosimile la sua datazione al 27 che all’8 a.C. (alle medesime parole del senato faceva certamente riferimento Suetonio, vedi supra, nel riportarne sinteticamente ma precisamente le motivazioni). Tuttavia, il passo di Dione non fa alcuna menzione dell’intitolazione del mese sestile, che è invece ricordata in un passo successivo tra i fatti relativi all’anno 8 a.C.
Il cognomen Augustus è datato con certezza al 27 a.C. e il principio di causalità vuole che il mensis Augustus, di poco o di molto, lo abbia seguito. La testimonianza concorde di Censorino e Cassio Dione, appoggiati da Suetonio, il fatto che non possediamo il testo originale liviano e la lontananza dai fatti di Macrobio giustificano la prevalente opinione secondo la quale il mese Sextilis fu rinominato ufficialmente Augustus soltanto nell’8 a.C. La recente pubblicazione del papiro pOxy 61.4175 (vedi infra per i dettagli) datato al 24 a.C. e contenente un riferimento al mese Sextilis e non Augustus corrobora, e forse sancisce definitivamente, questa conclusione. Sussistono peraltro elementi sufficientemente rilevanti per ritenere possibile che la proposta, e forse lo stesso senatoconsulto citato in Macrobio, risalissero originariamente all’anno 27 a.C. senza tuttavia aver avuto ufficiale attuazione fino all’ordinamento emanato dallo stesso Augusto, ormai pontefice massimo, nell’8 a.C.; in assenza di elementi, non è però possibile chiarire l’andamento dei fatti e in particolare perché l’attuazione della proposta sarebbe stata rimandata di vent’anni.
Il ripristino della regola bisestile
Plinio Maggiore op.cit. XVIII,211:
[XVIII,211] Tres autem fuere sectae, Chaldea, Aegyptia, Graeca. His addidit quartam apud nos Caesar dictator annos ad solis cursum redigens singulos Sosigene perito scientiae eius adhibito; et ea ipsa ratio postea conperto errore correcta est ita, ut duodecim annis continuis non intercalaretur, quia coeperat ad sidera annus morari, qui prius antecedebat.
Solino op. cit. I,45-47:
[I,45] […] Et tunc quoque vitium admissum est per sacerdotes. [I,46] Nam cum praeceptum esset, anno quarto ut intercalarent unum diem, et oporteret confecto quarto anno id observari, antequam quintus auspicaretur, illi incipiente quarto intercalarunt, non desinente. [I,47] Sic per annos sex et triginta cum novem dies tantummodo sufficere debuissent, duodecim sunt intercalati. Quod deprehensum Augustus reformavit, iussitque annos duodecim sine intercalatione decurrere, ut tres illi dies, qui ultra novem necessarios temere fuerant intercalati, hoc modo possent repensari. Ex qua disciplina omnium postea temporum fundata ratio est.
Macrobio op.cit. I,14,13-15:
[I,14,13] […] Et error hucusque stare potuisset, ni sacerdotes sibi errorem novum ex ipsa emendatione fecissent. Nam cum oporteret diem qui ex quadrantibus confit quarto quoque anno confecto, antequam quintus inciperet, intercalare: illi quarto non peracto sed incipiente intercalabant. [I,14,14] Hic error sex et triginta annis permansit: quibus annis intercalati sunt dies duodecim, cum debuerint intercalari novem. Sed hunc quoque errorem sero deprehensum correxit Augustus, qui annos duodecim sine intercalari die transigi iussit, ut illi tres dies qui per annos triginta et sex vitio sacerdotalis festinationis excreverant sequentibus annis duodecim nullo die intercalato devorarentur. [I,14,15] Post hoc unum diem secundum ordinationem Caesaris quinto quoque incipiente anno intercalari iussit, et omnem hunc ordinem aereae tabulae ad aeternam custodiam incisione mandavit.
Come è ben noto, sono bisestili nella serie d.C. gli anni divisibili per 4. Questo fatto, valido oggi, è confermato anche per i primi decenni dell’era giuliana: sincronismi come l’eclisse di Claudio (1 agosto 45 d.C.) mostrano che il calendario giuliano prolettico coincide con quello romano anche nel I secolo. Ne consegue che gli anni bisestili si estendono idealmente alla serie a.C. secondo la sequenza retrograda (…, 20, 16, 12, 8, 4 d.C., 1 a.C., 5, 9, 13, 17, 21, 25, 29, 33, 37, 41, 45), essendo il 45 a.C. il primo anno dell’era giuliana (non è noto se l’anno 45 a.C. sia stato bisestile, poiché, essendo il primo anno giuliano, il giorno in più o in meno poteva essere compensato con i giorni aggiunti al 46 a.C. per riallineare le stagioni).
Ma Suetonio e Plinio il Vecchio accennano a un errore commesso dal collegio pontificale nell’applicazione della regola d’intercalazione introdotta col calendario giuliano. I più tardi Solino e Macrobio precisano cosa sarebbe accaduto: invece di aggiungere il giorno intercalare ogni 4 anni, il dies bis sextus fu aggiunto ogni 3 anni; l’errore durò ben 36 anni, nei quali furono intercalati 12 giorni invece di 9; all’errore pose poi rimedio Augusto comandando di evitare l’intercalazione per 12 anni, in modo che i tre giorni in più fossero recuperati; al termine di questo periodo fu ripristinata l’intercalazione secondo la corretta regola quadriennale.
Sembra tutto chiaro: la descrizione è dettagliata e non dovrebbe essere difficile ricostruire cosa accadde in quei 50 anni o quasi (detti anni erronei) nei quali la sequenza degli anni bisestili (detta serie erronea) seguì una regola errata poi recuperata mediante la temporanea interruzione dell’intercalazione. E infatti la ricostruzione proposta già dalla Scaligero nel 1583 è divenuta un classico mai seriamente posto in discussione fino a tempi recenti. Secondo lo Scaligero furono bisestili i 12 anni della serie (42, 39, 36, 33, 30, 27, 24, 21, 18, 15, 12 e 9 a.C.) invece dei 9 anni della serie (41, 37, 33, 29, 25, 21, 17, 13, 9 a.C.). L’anno bisestile fu abolito fino al successivo 8 d.C., cioè gli anni 5 a.C., 1 a.C. e 4 d.C. non furono bisestili; l’8 d.C. fu pertanto il primo vero anno bisestile dell’era giuliana.
L’ipotesi dello Scaligero rispetta tutte le condizioni note dalle fonti letterarie:
- il periodo di 36 anni copre l’intervallo (44 a.C. – 9 a.C.), nel quale sono compresi 12 trienni bisestili o 9 quadrienni;
- l’anno 9 a.C. nel quale si incontrano entrambe le serie, quella erronea e quella prolettica, è compatibile con le fonti che pongono l’intervento di Augusto nell’8 a.C.;
- il periodo di 12 anni copre l’intervallo (8 a.C. – 4 d.C.), corrispondente a 3 quadrienni bisestili;
- a partire dal 24 febbraio 4 d.C. il calendario romano tornò a sincronizzarsi col calendario giuliano “ideale” per non staccarsene più.
Tuttavia, la serie erronea dello Scaligero non è l’unica possibile e altre proposte sono state avanzate, da astronomi come Keplero, da cronologisti come Matzat e da storici come Mommsen e Radke. Perché, a ben guardare, i dati disponibili non sono affatto sufficienti e i gradi di libertà del problema sono ancora numerosi, mancando quasi del tutto informazioni su quando il periodo erroneo, o i periodi di intercalazione triennale o di assenza di intercalazione che lo compongono, iniziarono o terminarono.
La serie scaligeriana è stata considerata a lungo la più probabile benchè ignori, tra l’altro, una notizia che Dione Cassio riporta tra i fatti dell’anno 40 a.C. (Historia Romana 48,33,4: ἔν τε τῷ πρὸ τούτου ἔτει […] ἡμέρα ἐμβόλιμος παρὰ τὰ καθεστηκότα ἐνεβλήθη, ἵνα μὴ ἡ νουμηνία τοῦ ἐχομένου ἔτους τὴν ἀγορὰν τὴν διὰ τῶν ἐννέα ἡμερῶν ἀγομένην λάβῃ, ὅπερ ἀπὸ τοῦ πάνυ ἀρχαίου σφόδρα ἐφυλάσσετο: καὶ δῆλον ὅτι ἀνθυφῃρέθη αὖθις, ὅπως ὁ χρόνος κατὰ τὰ τῷ Καίσαρι τῷ προτέρῳ δόξαντα συμβῇ.) e che sembra indicare, seppure con qualche incertezza d’interpretazione, che il 41 a.C. fu reso bisestile in contrasto con la regola ordinaria per evitare che le nundine cadessero il primo gennaio, e che questo giorno bisestile fu recuperato in seguito (ma Dione Cassio non dice né come né quando).
Solo la recente pubblicazione (1999) del papiro pOxy 61.4175 ha messo in discussione, per la prima volta seriamente, la serie dello Scaligero mostrando che la realtà fu probabilmente molto più complessa. Il papiro riporta effemeridi astronomiche con le corrispondenti date nel calendario egiziano e romano. Nel frammento sopravvivono alcune date di agosto e settembre che permettono di datare il papiro al 24 a.C. e di stabilire le corrispondenti date giuliane prolettiche. Le date romane riportate nel papiro sono esattamente coincidenti con le date giuliane prolettiche, mentre secondo lo Scaligero nel 24 a.C. il calendario romano aveva due giorni di ritardo rispetto al calendario prolettico. Ma il problema non è solo dello Scaligero: in base alle informazioni di Solino e Macrobio, dopo circa 20 anni di cattiva applicazione della regola bisestile, quale che sia stata la serie erronea, il calendario romano doveva essere in ritardo. Per questo non è al momento possibile una ricostruzione certa che concili questi dati papirologici con le fonti letterarie.
Nessuna fonte precisa quando Augusto varò la sua riforma. Suetonio dice semplicemente che quando fu ripristinata la corretta regola bisestile, con lo stesso intervento fu rinominato il mese sestile, evento che abbiamo datato all’8 a.C. per altra via. Questa data è compatibile sia con la durata dell’intercalazione triennale, poiché i 36 anni a partire dal 45 a.C. implicano che la modifica fu successiva al 10 a.C., sia con la cosiddetta Iscrizione di Priene (n. 105 = OGIS 458), datata al 10-9 a.C., che presuppone che a quella data l’intercalazione fosse ancora triennale.
La variazione della lunghezza dei mesi
Giovanni da Sacrobosco op.cit. excerptum:
[…] Licet igitur Numa annum ec duodecim mensibus fecerit, diminute tamen egit, quoniam menses assumpsit lunares: unum scilicet 30 dierum et alium 29 dierum. Unde annus eius constabat ex 354 diebus, qui numerus dierum non sufficit cursui Solis. Sequens igitur Iulius Caesar ultimam calendario apponens correctionem, undecim dies adiecit, et quadrantem. Unde annus Iulii constabat ex 365 diebus et sex horis. Superflue tamen partem duodecimam unius horae assumpsit, ut inferius patebit. Calendarium etiam a Martio iussit incohari. Unde Ovidius: qui Ianum sequitur, veteris fuit ultimus anni: tu quoque sacrorum Termine finis eras. Et dies anni inter menses numero competenti distribuit, ita quod mensibus imparibus dies 31 mensibus vero paribus 30 attribuerentur. sed cum ad ultimum mensem imparitatis Ianuarium scilicet pervenisset, defuit unus dies. Unde a Februario subtraxit unum diem ad completionem numeri dierum Ianuarii, quem recuperaret Februarius in anno bisextili. Tempore autem Iulii Caesaris, Romani adulantes Iulio, mensem prius dictum Quintilem, Iulium appellaverunt, quia in tali tempore dicitur fuisse natus. Similiter tempore Augusti, mensem prius dictum Sextilem, Augustum appellaverunt. Sed tunc invidens Augustus mensem suum mense Iulii breviorem esse, diem unum a Februario surripuit, et Augusto addidit. Unde remansit Februarius 28 dierum. Aliud insuper accidit inconveniens, tres menses simul esse 31 dierum, Iulium scilicet Augustum et Septembrem. Unum igitur diem removens a Septembri, eum Octobri attribuit: similiter unum a Novembri, quem Decembri addidit. Hac itaque mensium ordinatione, et numeri dierum positione, licet reprehensibilis fuerit, usque hodie utitur Ecclesia. […]
Varrone op.cit. I,28:
[I,28] Dies primus est veris in aquario, aestatis in tauro, autumni in leone, hiemis in scorpione. Cum unius cuiusque horum IIII signorum dies tertius et vicesimus IIII temporum sit primus et efficiat ut ver dies habeat XCI, aestas XCIV, autumnus XCI, hiems XXCIX, quae redacta ad dies civiles nostros, qui nunc sunt, primi verni temporis ex a. d. VII id. Febr., aestivi ex a. d. VII id. Mai., autumnalis ex a. d. III id. Sextil., hiberni ex a. d. IV id. Nov., suptilius descriptis temporibus observanda quaedam sunt, eaque in partes VIII dividuntur: primum a favonio ad aequinoctium vernum dies XLV, hinc ad vergiliarum exortum dies XLIV, ab hoc ad solstitium dies XLIIX, inde ad caniculae signum dies XXVII, dein ad aequinoctium autumnale dies LXVII, exin ad vergiliarum occasum dies XXXII, ab hoc ad brumam dies LVII, inde ad favonium dies XLV.
Johannes de Sacrobosco, anche detto Johannes de Sacrobusto, fu un monaco matematico e astronomo vissuto all’incirca tra la fine del 1100 e la metà del 1200. Insegnò a Parigi e scrisse opere di divulgazione scientifica, tra le quali soprattutto l’Algorismus o De arte numerandi (circa 1225, che contribuì alla promozione dei numeri arabi), il Tractatus de sphaera (circa 1230, sulla rotondità della Terra) e il Compotus o De anni ratione (1235, trattazione sistematica della misura del tempo e del calcolo della Pasqua). I suoi libri, pur essendo sostanzialmente compilazioni di autori antichi in forma di manuali universitari, divennero dei classici e rimasero in auge almeno fino al Seicento, come dimostrano le copie a mano e poi a stampa e le traduzioni in lingue volgari. Nonostante la fama e la diffusione, non sappiamo con certezza dove egli nacque: sin dal ‘200 molti lo fanno di origine inglese, ed effettivamente studiò a Oxford, ma aggiungono che il nome deriverebbe dal luogo di nascita mentre non si è trovato alcun toponimo inglese corrispondente, cosicché il suo nome inglese Holywood o Holybush sembra derivare dal nome latino invece del contrario.
A lui sembra risalire la tradizione secondo la quale contemporaneamente al mutamento di nome del mese sestile fu anche cambiato il numero dei giorni di alcuni mesi. Nel De anni ratione egli scrisse che le attuali durate dei mesi non risalirebbero alla riforma giuliana ma alla riforma di Augusto. Nel periodo tra il 45 a.C. e l’8 a.C. pertanto le durate dei mesi sarebbero state le seguenti:
- Ianuarius: 31 giorni;
- Februarius: 29 giorni, 30 negli anni bisestili;
- Martius: 31 giorni;
- Aprilis: 30 giorni;
- Maius: 31 giorni;
- Iunius: 30 giorni;
- Iulius (Quintilis nel 45 a.C.): 31 giorni;
- Sextilis: 30 giorni;
- September: 31 giorni;
- October: 30 giorni;
- November: 31 giorni;
- December: 30 giorni.
La scelta di Cesare sarebbe stata motivata dall’esigenza di simmetria, infatti con tale sequenza si avevano mesi alternativamente di 31 e 30 giorni, con la sola solita eccezione di febbraio, che, rispetto al calendario di Numa, perdeva la caratteristica di essere l’unico mese di durata pari ma manteneva quella di essere il mese più breve (tranne negli anni bisestili).
Al momento di cambiare Sextilis in Augustus, Augusto avrebbe osservato che il mese a lui intitolato era più breve di quello intitolato a Giulio Cesare: questa sarebbe stata la ragione per la quale egli avrebbe cambiato le durate dei mesi portandole a quelle tutt’ora in uso. Infatti, per aumentare Augustus da 30 a 31 giorni egli avrebbe preso un giorno a febbraio; inoltre, poiché così facendo si sarebbero avuti tre mesi consecutivi di 31 giorni (luglio, agosto e settembre), per mantenere una certa alternanza, invertì le durate degli ultimi quattro mesi, in modo che settembre e novembre avessero 30 giorni e ottobre e dicembre 31 giorni.
Sacrobosco non indica la fonte delle sue informazioni; se pure egli attinse a una tradizione antica, non ne è giunta traccia fino a noi. In ogni caso è da ritenersi falsa, poiché contro di essa abbiamo almeno due argomenti molto solidi: le durate delle stagioni in Varrone, riportate nel 37 a.C. nel De re rustica assieme alle date esatte d’inizio di ogni stagione, si adattano ai nostri mesi ma non a quelli di Sacrobosco (con le durate mensili attuali dal 7 febbraio compreso al 9 maggio escluso ci sono 28-6+31+30+8=91 giorni; dal 9 maggio compreso all’11 sestile escluso ci sono 31-8+30+31+10=94 giorni; dall’11 sestile incluso al 10 novembre escluso ci sono 31-10+30+31+9=91 giorni; dal 10 novembre incluso al 7 febbraio escluso ci sono 30-9+31+31+6=89 giorni); inoltre secondo il già citato pOxy 61.4175 nel 24 a.C. la durata di agosto era di 31 giorni.
Una ultima curiosità su Sacrobosco: pare fu lui il primo a lamentare lo slittamento del calendario sul ciclo solare, con le sue conseguenze sull’equinozio di primavera e sulla data della Pasqua. Sempre nel De anni ratione quantificò l’anticipo in 10 giorni e indicò la necessità di saltare un giorno bisestile ogni 288 anni, anche se non propose una regola pratica per conseguire lo scopo.