Ambrosius Macrobius Theodosius

Ambrogio Macrobio Teodosio, il dottissimo erudito che assieme al retore Simmaco fu il maggior rappresentante della resistenza pagana contro il Cristianesimo trionfante, visse a cavallo del 400 d.C.

Fu in stretto contatto con le cerchia aristocratica di Roma all’ombra della quale, e col sostegno della classicità, avvenne la rinascita del paganesimo, ma sembra fosse africano, come è stato desunto dall’analisi linguistica dei suoi testi; egli stesso afferma di essere nato sub alio caelo.

È quasi certo che il nostro sia da identificarsi con il Macrobio che sappiamo essere stato prefetto del pretorio in Spagna nel 399 d.C., proconsole in Africa nel 410 d.C. e dignitario di corte nel 422 d.C. Quest’ultima carica ha fatto ipotizzare che in età avanzata si fosse convertito al Cristianesimo, ma non rimangono prove convincenti. Le sue opere sono invece improntate a un convinto neoplatonismo.

Ci rimane notizia di tre opere di Macrobio: De differentiis et societatibus Graeci Latinique verbi, i Commentarii Somnii Scipionis e i Saturnalia. Della prima, un trattato di grammatica sulle affinità tra i verbi latini e greci, ci rimangono solo pochi frammenti. Le ultime due sono entrambe dedicate al figlio Eustachio e costituiscono forse parte di un unico percorso formativo, al quale poteva appartenere anche la prima.

Il commento al Somnium Scipionis, in due libri, ha innazitutto il grande merito di averci conservato l’ultima parte del De re publica di Cicerone, il Somnium appunto. Argomento è il sogno nel quale Scipione Emiliano avrebbe avuto dall’Africano la rivelazione sulla sorte dei giusti nell’adilà. Queste pagine, ispirate al convincimento che l’anima è immortale e i giusti saranno premiati, non potevano non attrarre i neoplatonici, così come attrarranno e influenzeranno i cristiani. Macrobio ne fa oggetto di un commento teologico di Macrobio ispirato soprtattutto al pensiero di Porfirione.

Il commento garantì al neoplatonismo la massima diffusione in tutta l’Europa – ne fu fatta anche una versione greca da parte di Massimo Planude che lo fece penetrare stabilmente anche nella cultura bizantina – e al Somnium Scipionis e a Cicerone fascino e fortuna nel pensiero cristiano.

L’opera principale di Macrobio sono però i Saturnalia, nei sette libri dei quali profuse col massimo impegno il meglio della sua erudizione. Il titolo allude ai Saturnali, la festa in onore di Saturno; nell’opera si immagina che durante la festa i maggiori esponenti del mondo culturale romano si riunissero per darsi a dotte discussioni.

La forma è infatti quella del dialogo conviviale, quella del “Simposio” di Platone ad esempio; i dotti si riuniscono a Roma per tre giorni, il primo in casa di Vettio Agorio Pretestato, prefetto dell’Italia, il secondo in casa del nobile Nicomaco Flaviano e il terzo in casa del retore Quinto Aurelio Simmaco.

Ricca e varia è la gamma degli argomenti, che vanno dalla retorica alla gastronomia, dalla filosofia all’astronomia, al diritto, alla storia, alla religione. Partendo da una discussione sull’origine e il nome delle festa dei Saturnali, si tratta degli antichi culti italici (libro I), delle frasi e delle sentenze celebri (libro II), una delle quali porta a parlare di Virgilio. Al Mantovano e all’interpretazione della sua opera è dedicata la parte centrale dei Saturnalia, la più lunga (i libri dal III al VI) e la più sentita: Macrobio considera Virgilio il centro e il massimo interprete di tutto lo scibile dell’età classica, superiore ad Omero nell’epica e maestro in ogni genere.

Virgilio è presentato come maestro infallibile, erroris ignarus in ogni arte e in ogni scienza, dalla filosofia alla religione, dall’astronomia al diritto, ed esaltato come tale da tutti i partecipanti tranne un personaggio fittizio, un certo Evangelo, la cui funzione è quella di rendere maggior gloria al Mantovano ponendo obiezioni più o meno fondate e regolarmente confutate. Tra i commentatori dei passi più difficili compare il giovane Servio, futuro commentatore di Virgilio.

L’ultimo libro, il settimo, è dedicato alla gastronomia e alla dietetica e condito da considerazioni tratte dalla medicina e dalla filosofia. Questo libro, come il sesto e in varia misura gli altri, è lacunoso.

Tra le fonti, Macroio si avvale in generale di repertori e sillogi che erano assai in voga nel basso impero; le sue citazioni sono quindi quasi sempre di seconda mano. Assai raramente si incontrano citazioni di fonti dirette, tra le quali Gellio è seguito tavolta pedissequamente; non si può non pensare a Varrone, tra le fonti, anche se ci è impossibile confermarlo, e dovevano figurarvi anche.

Il neoplatonismo di Macrobio è qui anche alla base di un tentativo di rinnovamento della religione pagana, in grave crisi sotto i colpi del Cristianesimo, unica religione nella storia che sia contemporaneamente mirabile e sofisticata costruzione filosofica e semplice dottrina di vita alla portata di tutti. Nei Saturnalia Macrobio sciorina infatti una geniale interpretazione allegorica dei miti pagani, che fu ripresa poi da Marziano Capella.

Dal nostro punto di vista, comunque, il maggior valore dei Saturnalia risiede nel fatto che ci hanno conservato una miniera di cenni e di appunti sulle antiche usanze e istituzioni arcaiche – religione, calendario, feste, leggi – italiche e latine, nonché numerose citazioni e frammenti di Ennio – lo stretto rapporto tra Ennio e Virgilio lo possiamo constatare prevalentemente qui – di Varrone e molti altri, particolarmente preziose perché questi autori ci sono giunti quasi solo in frammenti.