Iordanes

Poco sappiamo di Giordane, il goto che ci lasciò, con la sua De Getarum sive Gothorum origine et rebus gestis, più brevemente Getica, l’unica storia dei Goti sopravvissuta fino ad oggi. La Getica è per noi la fonte principale di conoscenza del popolo che, dopo aver approfittato della sovversione dei rapporti di forza con i Romani seguita alla battaglia di Adrianopoli, furono poi sconfitti e quasi cancellati dalla restaurazione di Giustiniano.

Si sa per certo che, dopo essere stato ariano, Giordane si convertì al cristianesimo e divenne aspro avversario dell’eresia ariana. La arianorum perfidia era stata instillata nei Goti dai primi evangelizzatori e dai missionari che l’imperatore Valente, contaminato dall’eresia, aveva mandato a quel popolo. Tra questi, c’era il famoso vescovo Ulfila (o Wulfila), ricordato soprattutto per la sua traduzione in lingua gotica (di cui creò lui stesso l’alfabeto) del Nuovo Testamento, nostra principale fonte di conoscenza della lingua gotica. Secondo Giordane, il giudizio di Dio, che regola il mondo, colpisce infallibilmente i rei, ed infatti Valente viene sconfitto nel disastro di Adrianopoli, l’esercito distrutto come era accaduto solo a Canne, lui stesso ucciso.

Proprio il suo odio implacabile verso l’arianesimo (l’eresia che negava la divinità di Cristo, facendone “la prima creatura del Padre”), affermato più volte nella Getica, con la durezza e quasi il risentimento di chi è stato contaminato dal virus perfidiae, la peste ariana, secondo molti sono prova del fatto che la sua conversione avvenisse dall’eresia ariana e non dal paganesimo germanico.

Un certo Peria, nonno paterno di Giordane, fu notaro della cancelleria di Candace. Lo leggiamo nella stessa Getica, al Caput L, là dove si legge anche che egli stesso, Giordane, prima della conversione fu notaro, quamvis agrammatus, sebbene illetterato.

Facciamo un passo indietro. Alla morte di Attila (453 d.C.), a seguito della rapida dissoluzione dell’impero unno e nello sfacelo organizzativo e militare dell’Impero Romano d’occidente, l’imperatore d’oriente Marciano deve guardare impotente l’insediamento di numerose stirpi gotiche e di altri popoli nei suoi domini d’occidente. Non potendo, almeno per il momento, rispondere militarmente alle invasioni, e dato che esse in realtà avvenivano quasi “chiedendo il permesso” (senza peraltro aspettarsi una risposta negativa che sarebbe stata considerata da quei barbari alla stregua di estrema inospitalità e causa di guerra), Marciano concede con benevolenza la sua benedizione agli insediamenti e financo titoli d’alto rango ai più fedeli tra i nuovi amici dell’impero. Questa condotta prudente tenta di legare a sè quei popoli indisciplinati e di dirigerne le migrazioni in modo da allontanare, tra loro e dall’impero, i più aggressivi e riottosi, e da interporre tra loro e i confini i popoli più arrendevoli e minori di numero; accorta e lungimirante riedizione, questa, della politica divide et impera, nonchè della politica clientelare degli stati amici, adottate dai Romani fin dai tempi più antichi, svecchiate da Ottaviano Augusto e mai completamente abbandonate.

Candace, goto della stirpe alana, si installa con gli Sciri, i Satagari e una parte di alani tra la piccola Scizia e la bassa Mesia, pressappoco l’odierna Bulgaria e la Dobrugia, e sembra che, non appena ricevuta l’investitura imperiale di dux, costituisse un’organizzazione dello stato, probabilmente sul modello romano-costantinopolitano, nella quale Giordane, col nonno Peria, è funzionario, almeno prima della conversione e prima di compiere studi almeno grammaticali.

Giunto all’ortodossia cattolica, Giordane diviene letterato (infatti scrive la Getica) e si fa monaco, stabilendosi secondo Mommsen nei Balcani, tra Sirmio, Larissa e Costantinopoli, secondo altri a Crotone, in Calabria, dove sarebbe stato fatto vescovo. Senza dubbio, quando scrive la sua opera non vive a contatto con i Goti, cioè in Italia, poichè la dedica a un Castalio ut vicinus genti, che è vicino al popolo (goto). Tuttavia, Crotone è vicina al Vivarium, il luogo ove Cassiodoro era andato a stabilirsi nel 539 d.C., agli inizi della guerra greco-gotica. Il che avrebbe molto facilitato la consultazione della Storia dei Goti di Cassiodoro, che egli, scrive nella prefazione, ebbe agio di leggere per tre giorni su permesso del dispensator del Senatore (come Giordane lo chiama nella prefazione).

Della Historia Getarum di Cassiodoro, oggi perduta, la Getica di Giordane sarebbe un “imperfetto compendio”, secondo l’opinione di Gibbon. Giordane protesta affabilmente nella prefazione che Castalio avrebbe preteso che egli interrompesse un De breviatione chronicorum, probabilmente ad identico soggetto, per intraprendere un riassunto dei dodici libri dell’opera di Cassiodoro in un solo parvo libello. Afferma di riprenderne quamvis non verba… sensus tamen, grazie anche alla consultazione cui si accennava. Tuttavia, rivendica con orgoglio di aver aggiunto un proprio originale contributo non trascurabile in tutta l’opera e soprattutto nella parte centrale.

Secondo le testimonianze offerte dall’autore ed il raffronto con altre notizie sicure, la Getica sarebbe datata 552 d.C. (o forse 553). Giordane stesso la conclude collocando al mille e trecentesimo anno dalla fondazione di Roma gli eventi narrati nelle ultime righe. Questi eventi non includono la conclusione della guerra greco-gotica, che avrà luogo solo nel 555 d.C.