Publio Elio Adriano, imperatore romano, nacque a Italica in Spagna – dove era nato il cugino e predecessore Traiano al quale succedette nel 117 d.C. – nel 76 d.C. Morì nel 138 d.C. a Baia.
Consolidò i confini dell’impero attraverso la costruzione di opere difensive, quali il celebre vallo di Adriano, e il riassetto delle postazioni preesistenti. Nella sua impostazione difensiva, rinunciò ad alcune delle conquiste fatte da Triano, soprattutto nel territorio dei Parti, perché difficilmente difendibili. Viaggiò in lungo e in largo – fu il primo imperatore che stette lontano da Roma a lungo non solo per motivi militari – curando in questo modo di persona il benessere e l’amministrazione delle province.
Iniziò numerose opere pubbliche in tutto l’Impero e molti splendidi monumenti, alcuni dei quali – come la sua residenza romana, Villa Adriana presso Tivoli, e il suo monumento funebre, la Mole Adriana o Castel sant’Angelo sul Tevere – sopravvivono intatti nel fascino e portano tuttora il suo nome.
Fu di ingegno estroso e versatile, raffinato e multiforme: conosceva il greco altrettanto bene del latino, si dilettò di grammatica e retorica, di musica, pittura e scultura, di diritto, geometri e architettura. Amante del bello in ogni sua forma, protesse tutti gli artisti e gli studiosi. Nel gusto letterario fu arcaizzante, tanto che preferiva Catone a Cicerone, Ennio a Virgilio, Celio Antipatro a Sallustio, ed ebbe una particolare predilezione per i neoterici.
Proprio allora, parallelamente al movimento che nella prosa si rifaceva ai modelli arcaici ad esempio con Frontone e poi Gellio, nella poesia si faceva avanti la corrente detta dei poetae novelli con esplicito richiamo proprio ai modelli arcaici e in particolare ai poetae novi. In questa corrente Adriano si configura come poeta dilettante e insieme uno dei rappresentanti più illustri, anche se non possiamo giudicarlo direttamente poiché nulla ci rimane, purtroppo, della sua opera che includeva una autobiografia, una raccolta di orazioni e una raccolta di carmi dal titolo Catachannae. Il titolo, secondo Frontone, significa arbor multorum ramorum e richiama le raccolte di vario metro ed argomento che andavano sotto il titolo di Silvae e simili.
Tutto quel che ci rimane di Adriano sono i celebri versi che scrisse poco prima di morire:
Animula vagula blandula
hospes comesque corporis
quae nunc abibis in loca
pallidula, rigida nudula
nec ut soles dabis iocos
una sorta di vezzoso saluto alla sua animuccia.