Eugippius

Tra le testimonianze del disfacimento della romanità in occidente, particolare rilievo hanno quelle lasciateci da Eugippio. Nato attorno al 465 d.C., forse in Africa, Eugippio fu monaco nel monastero fondato da San Severino di Favianis (oggi Faviana in italiano, Mautern in austriaco) nel Norico Ripense (la provincia romana corrispondente approssimativamente all’Austria moderna).

Dello stesso San Severino ci lasciò un Commemoratorium o Vita sancti Severini, scritto nel 511 d.C., che racconta le gesta di questo santo così attivo nel prodigarsi per la gente del Norico in una delle epoche più difficili della sua storia.

Severino operò nel Norico nella seconda metà del V secolo, fino al 482 d.C., anno della sua morte. A Faviana fondò una basilica e un monastero, altri luoghi di culto fondò in giro per il Norico, soprattutto nelle città fortificate (oppida) lungo il corso del Danubio, come a Boiotrum (oggi Passau). Era quello il periodo in cui l’ultima debole resistenza dell’impero d’occidente si opponeva all’invasione dei barbari.

Già da tempo, dalla fine del IV secolo d.C., era stata instaurata la prassi di concedere l’ingresso nell’impero e terre per lo stanziamento ai popoli barbari che salvassero la forma, cioè che entrassero con le buone e facessero atto di sottomissione all’imperatore. Parallelamente, e anche in seguito a questa pratica, veniva progressivamente meno la capacità dell’impero, politica e militare, di opporsi a coloro che volessero entrare con le cattive. Diminuendo l’efficacia deterrente del potenziale militare imperiale, veniva meno anche la sua utilità alle frontiere, e gli eserciti andavano concentrandosi e divenendo palatini, cioè eserciti da campo al seguito dell’imperatore o delle alte cariche militari (Stilicone prima, ad esempio, e poi Ezio); solo le guarnigioni di confine tradizionalmente stanziate nei vari settori, i limitanei che avevano lì la propria famiglia e la propria vita, rimanevano stabilmente nelle regioni loro affidate e lì rimasero fino al normale scioglimento delle unità militari. Molti regni romano-barbarici erano di fatto se non di diritto in via di formazione, anche se l’epoca della dissoluzione dell’impero è stata un po’ troppo anticipata da alcuni studiosi. Di fatto, il vero disfacimento del potere e dell’organizzazione imperiale si ha solo nella seconda metà del V secolo d.C. – il che riconferma la validità della scelta del 476 d.C. come data convenzionale per la fine dell’Evo Antico – talvolta, a seconda della regione, in modo traumatico, ma complessivamente in modo indolore.

Nella seconda metà del V secolo, i barbari Rugi giunsero a minacciare Stiria, Carinzia, Tirolo e Italia nord-orientale. Come molti ecclesiastici in quel contrastato periodo, Severino si assunse il compito di salvare il salvabile per le genti a lui affidate, disorientate e in balia degli eventi. Se l’autorità e l’organizzazione imperiale venivano meno, la Chiesa poteva supplire con l’autorità, la forza morale e la persuasione della croce e della parola di Cristo; non poteva così ricostituire lo stato secolare che andava dissolvendosi, ma poteva almeno salvarne la civiltà. Come esempio dalla potente forza evocativa si ricordi il famoso episodio di Papa Leone Magno e di Attila nel 451 d.C.

Severino aveva a disposizione i resti della guarnigione romana del luogo: li organizza e li guida a difesa di quella provincia che era romana sin dal tempo di Augusto, quasi cinque secoli. Gli oppida lungo il Danubio, Quintanis, Batavis, Boiotrum, Ioviacum, Lauriacum, Favianis, Comagenis, Asturis, ritrovano parte dell’antica efficienza nell’opporsi alle ondate dei Rugi. Nei periodi di riposo dall’attività guerresca non smetteva di percorrere la provincia in lungo e in largo e di fondare monasteri e chiese. Si dice che, venuta l’ora della morte, abbia predetto l’esodo della popolazione romana dal Norico e la caduta del regno dei Rugi. Morì l’8 gennaio del 482 d.C. nell’eremo di Faviana.

Dopo la sua morte, come aveva predetto (ma questo non era forse così difficile), il re dei Rugi Feleteo invase il Norico. Il monastero di Faviana fu completamente distrutto in odio al santo; si dice che la moglie di Feleteo, Gisa, fosse acerrima nemica di Severino. Questo provocò la reazione di Odoacre, che era allora re d’Italia: egli attaccò e sconfisse i Rugi e ordinò l’esodo della popolazione romana del Norico, prostrata dalla dura dominazione barbarica, entro i confini d’Italia. In questo modo, anche la parte più difficile della profezia di Severino si avverò. Nel 488 d.C., affidata al comes Pierius, citato da Eugippio, avveniva l’evacuazione: con questo atto finiva la secolare presenza della civiltà romana nel Norico, altrimenti forse oggi in Austria si parlerebbe una lingua romanza e forse non si chiamerebbe Austria. Con l’evacuazione della popolazione, anche le spoglie mortali di San Severino furono traslate in Italia e portate fino a Napoli, dove ancor oggi riposano e sono esposte alla venerazione dei fedeli.

Eugippio aveva poco più di vent’anni nel 488 d.C. quando, al seguito delle spoglie di Severino, venne in Italia e si stabilì pure a Napoli. Lì fu eletto abate del monastero del castello di Lucullo e lì morì dopo il 533 d.C.

Cassiodoro (Institutiones I, 23) ci lascia un ricordo di Eugippio e un giudizio dei suoi Excerpta ex operibus sancti Augustini:

Convenit etiam ut presbyteri Eugippii opera necessaria legere debeatis, quem nos quoque vidimus, virum quidem non usque adeo saecularibus litteris eruditum, sed Scripturarum divinarum lectione plenissimum. Hic ad parentem nostram Probam, virginem sacram, ex operibus sancti Augustini valde altissimas quaestiones ac sententias diversasque res defiorans, in uno corpore necessaria nimis dispensatione collegit et in trecentis triginta octo capitulis collocavit. Qui codex, ut arbitror, utiliter legitur, quando in uno corpore diligentia studiosi viri potuit recondi, quod in magna bibliotheca vix praevalet inveniri.