Di Flavio Aviano, autore di una raccolta di favole in gran voga nel Medio Evo, non abbiamo notizie. Basandosi sull’identificazione del Theodosi optime, cui egli dedica la sua opera, con Ambrosio Macrobio Teodosio, lo si colloca nella seconda metà del IV secolo d.C.
Il suo Fabularum textus è una scelta di 42 favole in versi, tratte, secondo la dedica che premette all’opera, da Esopo, non meno che da Socrate, Orazio, il greco Babrio, Fedro. Proprio la raccolta di favole esopiche di Babrio, due volumi risalenti al I – II secolo d.C., o più probabilmente una sua parafrasi in latino, sembra essere stata la fonte principale.
Aviano è un pedante rifacitore di versi classici: le reminiscenze di Virgilio e Ovidio abbondano, ma annegate in uno stile pesante e una sintassi che denuncia più che altro la imminente corruzione della lingua latina nelle lingue romanze. Il suo latino abbonda di volgarismi e di ben poca eleganza. Anche la scelta del metro, il distico elegiaco, inadatto al genere favolistico, contribuisce a rendere farraginoso il testo.