Gaius Suetonius Tranquillus

Approssimativamente tra il 70-75 e il 140-150 d.C. si colloca la vita di Gaio Suetonio Tranquillo, il biografo ed erudito dell’età imperiale attivo sotto i principati di Traiano e Adriano. La data di nascita è stimata in base al fatto che egli dice (Vita Domitiani 12) di essere stato adulescentulus al tempo di Domiziano, che fu princeps dall’81 al 96 d.C. Non sappiamo di dove fosse originario. Suo padre, Suetonio Leto, partecipò alla prima battaglia di Bedriaco – combattuta tra gli eserciti di Otone e di Vitellio il 14 aprile del 69 d.C. – come tribunus angusticlavius (Vita Othonis 10). Poichè i tribuni angusticlavi – così chiamati perché portavano la toga ornata da una fascia stretta – erano cavalieri, la sua famiglia sarebbe stata di rango equestre.

Carpiamo pochi altri particolari biografici da rare citazioni. Secondo una iscrizione, sotto Traiano sarebbe stato procurator a studiis e poi a bibliothecis. La sua attitudine agli studi e alla vita tranquilla è attestata anche da Plinio il giovane, che gli era amico: in una lettera a Bebio Ispano (Epistulae I, 24), in cui chiama Suetonio contubernalis meus, aggiunge che il suo amico è uno scholasticus, uno studioso amante della quiete e in cerca di un tranquillo posticino non lonano da Roma; glielo raccomanda perciò perchè lo favorisca nell’acquisto di un poderetto. In un’altra lettera dalla Bitinia (Epistulae X, 94) lo stesso Plinio lo raccomanda a Traiano come un amico più giovane e probissimum, honestissimum, eruditissimum virum pregandolo di concedergli lo ius trium liberorum, che nella risposta (Epistulae X, 95) Traiano stesso attesta gli concesse. Secondo il biografo della Historia Augusta Elio Sparziano (Vita Hadriani XI, 3: Septicio Claro praefecto praetorii et Suetonio Tranquillo epistularum magistro multisque aliis, quod apud Sabinam uxorem iniussu eius familiarius se tunc egerant, quam reverentia domus aulicae postulabat, successores dedit, uxorem etiam ut morosam et asperam dimissurus, ut ipse dicebat, si privatus fuisset.) l’imperatore Adriano nominò Suetonio epistularum magister, qualcosa come segretario particolare dell’imperatore, ufficio di cui Stazio magnifica l’importanza; tuttavia egli, con molti alti funzionari, cadde in disgrazia e venne allontanato dall’incarico per aver dimostrato nei rapporti con l’imperatrice Sabina una familiarità non consentita dall’etichetta della corte. Questo sarebbe avvenuto nel 121 d.C. poiché Septicio Claro fu prefetto del pretorio dal 119 a al 121; da questo momento di Suetonio non si sa più nulla.

Il lavoro di archivista e di segretario ben si addiceva a Suetonio, tipico esempio del topo di biblioteca curioso e affamato di notizie spicciole da raccogliere e quasi ammassare nei propri scritti. Dell’erudizione di Suetonio sono testimoni le numerose opere di argomento quanto mai vario di cui, attraverso la Suda – alcune furono certamente scritte in greco – e per altra via, ci rimane notizia: tra le altre, un’opera sul calendario romano; due studi rispettivamente su feste e ludi romani e sui ludi greci; uno scritto sui costumi; un De regibus sui re d’Europa, d’Asia e d’Africa; un libro sulle etere; un trattato De vitiis corporalibus; diverse opere di carattere grammaticale; una difesa del De re publica di Cicerone. Si è ipotizzato che Suetonio fosse stato autore di due enciclopedie, Roma e Pratum o Prata – il titolo di quest’ultima opera, citato anche da Prisciano, sarebbe l’equivalente latino del Limon ciceroniano – alle quali forse appartenevano alcuni degli scritti precedenti. A noi rimangono, per di più lacunose, solo due celebri raccolte di biografie: il De viris illustribus e il De vita Caesarum.

Il De viris illustribus è costituito da una serie di vitae di scrittori latini. L’opera è organizzata in sezioni, ognuna delle quali è dedicata a un diverso genere letterario ed è introdotta da una premessa illustrativa di quel genere. Nell’ordine si hanno: il De poetis, del quale ci rimangono le biografie di Terenzio, di Orazio e, frammentaria, di Lucano; il De oratoribus, del quale ci rimane la vita di Passieno Crispo; il De historicis, di cui resta la vita, mutila, di Plinio il vecchio; un De philosophis, del quale non ci resta nulla; ed infine il De grammaticis et rhetoribus, che è giunto quasi intatto fino a noi. Ai residui del De poetis è da aggiungere la biografia di Virgilio riportata – forse rimaneggiata, ma considerata in larga parte di origine suetoniana – dal grammatico Elio Donato nel IV secolo d.C. Infatti, il De viris illustribus è stato la fonte principale o il modello di molte altre compilazioni antiche giunte fino a noi: l’opera di san Girolamo è un esempio di entrambi gli usi, poiché molte notizie riportate nel Chronicon sono certamente citazioni di Suetonio mentre il De viris illustribus del santo si modella sull’originale suetoniano fin nel titolo solo sostituendo l’agiografia alla biografia. Se queste biografie sono spesso da riguardarsi come il rimaneggiamento più o meno grande di un originale di Suetonio, non siamo però in grado di discernere sempre con sicurezza quanto grande sia stato l’intervento dell’autore e quanto invece egli ci tramandi l’originale suetoniano.

Le biografie del De viris illustribus illustrano il metodo e gli interessi di Suetonio. I personaggi sono tratteggiati brevemente, poco più che uno schizzo, rispettando uno schema generale comune: rapide informazioni sulla vita, l’attività letteraria, le peculiarità fisiche e il carattere. L’interesse principale è sempre per il documento raro, l’aneddoto, la curiosità talvolta lasciva e spesso maliziosa, le disavventure; particolari inseriti con cura minuziosa e in apparenza noncurante, introdotti magari da un fertur o un traditur che non ne riduce certo la disinvoltura pettegola. Il personaggio in oggetto non ha quasi mai rilievo nè profondità, non se ne vede mai nè l’importanza, per capacità d’innovazione, genio o altra ragione, nè se ne illustra il valore umano o storico attraverso una analisi, ragionata o meno, dei suoi atti e degli scritti. Tuttavia, Suetonio non manca, a sprazzi, di senso critico e di ricercare la verità nelle notizie che ammannisce al lettore. L’opera, una sorta di rapida storia della letteratura latina, è una rielaborazione originale di un modello che già esisteva, incluse le premesse sui generi letterari, nella cosiddetta biografia peripatetica di origine alessandrina, di cui si hanno esempi di Aristosseno, Satiro e Antigono di Caristo. Per le fonti, Suetonio poteva attingere al più grande erudito romano, Varrone, e a Cornelio Nepote, curatori di analoghe sequenze.

Sostanzialmente degli stessi elementi del De viris illustribus vive il De vita Caesarum. Qui tuttavia le biografie hanno un rilievo diverso grazie allo spazio molto maggiore che viene dedicato ai protagonisti, i dodici Cesari che si erano alternati fino ad allora, o poco prima, alla guida dell’impero, da Giulio Cesare a Domiziano. L’opera è giunta pressocchè integra fino a noi – manca della parte iniziale con la dedica a Septicio Claro (di cui abbiamo notizia tramite Giovanni Lido in De magistro II, 6), personaggio che fu anche il destinatario dell’epistolario di Plinio il giovane, e il principio della vita di Cesare, che compare quando ha compiuto sedici anni – e consta di otto libri, dei quali i primi sei sono dedicati, un libro per ciascuno, agli imperatori da Giulio Cesare a Nerone, mentre gli ultimi due comprendono tre imperatori ognuno: rispettivamente Galba, Otone e Vitellio nel settimo libro e Vespasiano, Tito e Domiziano nell’ottavo. Anche in questo caso Suetonio adopera uno schema prefissato comune che si può riassumere in cinque punti: genealogia, nascita e vita fino al momento dell’elezione al trono; atti di governo; episodi della vita privata; profilo fisico e morale; morte ed eventi connessi. L’autore è tanto consapevole dello schematismo che talvolta si premura di sottolinearlo con frasi che spiegano il passaggio da una sezione all’altra. E il sezionamento di una vita può spingersi fino a dare luogo a una struttura descrittiva all’apparenza singolare, come quando, parlando degli atti pubblici di Augusto, prima raggruppa gli atti benemeriti, poi passa ad analizzare i demeriti. Nella stessa ottica, non sorprende che due fatti strettamente legati sia nel merito che cronologicamente, quali ad esempio la persecuzione dei cristiani e l’incendio di Roma, figurino in due sezioni diverse della vita di Nerone, rispettivamente tra i meriti e tra i demeriti. Perchè anche il dramma, per Suetonio, è un fatto di cronaca, un momento nella vita.

La passione documentaria, il gusto di indagare nella vita privata, nei vizi pubblici e nascosti, nei difetti fisici e morali, è nel De vita Caesarum ben fondato su aneddoti e notizie di prima mano. Per quest’opera, oltre che alle precedenti opere storiche – quelle di Plinio il vecchio e di Aufidio Basso, fonti anche di Tacito, ma anche Livio, lo stesso Tacito e probabilmente molti altri – Suetonio potè infatti attingere agli archivi imperiali, che poteva facilmente consultare quand’era segretario di Adriano; molte informazioni dovè anche ricavare dagli atti pubblici, gli acta senatus e gli acta diurna. Comunemente, infatti, si ritiene che Suetonio debba aver lavorato al De vita Caesarum proprio quando era funzionario di Adriano. Ma rimane sempre al lettore la responsabilità di sceverare l’essenziale dal superfluo tra i tanti particolari curiosi quando non proprio morbosi, e sempre limitata è la profondità dell’analisi critica e politica che tanta parte, invece, aveva allora in Tacito. D’altra parte il gusto aneddotico avrà d’ora in poi grande fortuna presso gli storici romani, i quali si confonderanno sempre più con i cronisti e i biografi: Suetonio divenne l’iniziatore di un genere cui si ispireranno nello stile e nello schema narrativo i tanti scrittori imperiali e non del basso impero, quali Aurelio Vittore e gli Scriptores Historiae Augustae, fino a san Girolamo. Questa fortuna si estese facilmente a tutto il Medio Evo, agevolando a un tempo la conservazione di parte dell’opera suetoniana e però pure la corruzione dei testi originali, e anche, pur con l’applicazione di un metro di valutazione più critica di notizie comunque per noi interessanti quando non indispensabili, fino ai nostri giorni.