Publius Papinius Statius

Publio Papinio Stazio, il poeta della rinascita dell’epica e del mito, nacque a Napoli intorno al 40 d.C. e morì probabilmente nel 96 d.C.

Il padre era un maestro di lettere e forse questo favorì la sua precocità e la sua estrema abilità e la sua straordinaria capacità nel verseggiare, anche improvvisando, tanto che fece della poesia la sua professione. Da essa ebbe soldi e gloria, anche se l’incostanza della fama non gli risparmiò anche momenti amari.

Dopo la trasformazione dell’epica e il rifiuto del mito segnato dall’opera di Lucano, con Stazio avviene il recupero dell’epica e del mito. Le Thebai è l’opera nella quale Stazio profuse il massimo impegno lavorandovi alacremente per ben dodici anni, come afferma nel dodicesimo libro: o mihi bis senos multum vigilata per annos Thebai; e nelle Silvae ricorda la multa lima che applicò alla sua creatura. Si tratta di un ponderoso poema mitologico in dodici libri, dedicato a Domiziano, principe esageratamente omaggiato dal poeta, sul mito dei sette contro Tebe e in particolare della lotta fratricida tra Etecocle e Polinice.

Fu composto a Roma e secondo Giovenale (Satirae VII, 81-86) la gente accorreva per ascoltare Stazio declamare i versi del suo poema e al città era in festa quando si spargeva la notizia del giorno fissato per la pubblica lettura. Molti in ogni epoca hanno apprezzato la Tebaide fino al punto di assegnarle il secondo posto nell’epica latina dopo l’Eneide. Posizione, questa, più equilibrata di quella di coloro che, esagerando la dipendenza da Virgilio, ignorano la sua originalità ed espressività. Giustamente è stato notato che a Stazio interessa il momento più che l’assieme, la teatralità fino talvolta all’enfasi declamatoria.

A Roma Stazio giunse alla gloria ma nei fasti del gran mondo ci rimise la salute. Nel 94 d.C. Stazio tornò nella città natale, superando l’opposizione della moglie che era romana come ci ricorda una bella lettera conservata tra le Silvae.

A Napoli Stazio compose l’Achilles, poema che nelle intenzioni doveva cantare la vita dell’eroe omerico incluse le imprese che Omero non aveva narrato. La morte però lo interruppe incompleto: Stazio fece a tempo a comporne il primo libro e parte del secondo, nei quali è narrata la parte più fresca della leggenda di Achille: il soggiorno a Sciro tra le figlie del re Licomede e l’amore con Deidamia fino alla partenza per Troia, dopo che Ulisse l’ha scoperto.

Oltre ai due grandi poemi Stazio compose numerose poesie improvvisate per le occasioni più svariate: odi per le occasioni mondane quali compleanni, nozze e funerali; lettere, come quella alla moglie già ricordata, semplici bigliettini, descrizioni di viaggi, luoghi, oggetti; carmi adulatori, a Domiziano, principe vanitoso. Sono tutte raccolte nei cinque libri delle Silvae, titolo caratteristico appunto delle raccolte di poesia varia e disimpegnata: l’autore stesso, nelle prefazioni che premise ai primi quattro libri, parla di stili facilitas, di audacia stili, di libellorum temeritas.