Gaius

Il più celebre dei giuristi di Roma patria del diritto è oggi conosciuto col solo, comunissimo prenome di Gaio con il quale ci sono giunti lacunosi i suoi quattro libri di Institutiones. L’opera, un manuale scolastico per l’insegnamento del diritto romano, era ben nota ai giuristi giustinianei del VI secolo, presso i quali per la sua insuperata chiarezza era considerato alla stregua di un grande classico. Per la stessa ragione e per il fatto di essere l’unica opera d’argomento giuridico giunta fino ai nostri giorni nel testo originale, senza il tramite di epitomi o l’opera di compilatori bizantini, essa gode di grande fama anche presso i moderni studiosi del diritto romano.

Le Institutiones sono state scoperte casualmente nel 1816 in un palinsesto veronese dal Niebuhr – in una sosta del viaggio che doveva portarlo dalla Germania a Roma, dove l’attendeva la nomina ad ambasciatore presso lo Stato Pontificio – sul quale si intravvedevano ancora i segni di una scrittura antica, che fu poi datata al V secolo, raschiata via per far posto alle Epistulae di san Girolamo. Una grave lacuna nel testo fu prodotta dai reagenti chimici usati per far riemergere la scrittura originaria, che costarono la perdita di alcuni fogli di pergamena, né il resto poté essere completamente ricostruito. Tuttavia, è stato possibile integrare larghi stralci e confermare il testo disponibile attraverso il successivo ritrovamento di ulteriori reliquie.

I quattro libri delle Institutiones assumono, forse qui per la prima volta, la distinzione, che è propria anche del diritto moderno, in personae, res e actiones, dove le res, che includono tutti i rapporti patrimoniali, occupano il secondo e terzo libro. Gaio scrisse nella seconda metà del II secolo d.C. – i quattro libri furono iniziati sotto Antonino Pio e l’ultima data che si ricava è quella del 178 d.C. probabile anno del senatoconsulto Orifiziano cui nelle Institutiones è dedicato un commento – ma i suoi fini didattici furono forse decisivi nel favorire i numerosi riferimenti alle due scuole giuridiche tradizionali del diritto romano, quella sabiniana e quella proculiana – le dottrine rispettivamente di tendenza conservatrice e innovatrice cui diedero il nome nel I secolo d.C. i giuristi Masurio Sabino e Proculo -, e ai contrasti tra esse. Nonostante quelle dispute ai suoi tempi fossero probabilmente vecchie di almeno un secolo, Gaio afferma spesso di appartenere alla scuola dei Sabiniani e vi è chi ha ipotizzato che egli si sia in realtà limitato a rielaborare un testo più antico e più vicino ai fatti.

Il fatto è che nulla che permetta ipotesi significative sulla figura di Gaio si può ricavare dalla sua opera e dagli accenni contenuti nei testi giuridici posteriori, cenni non infrequenti ma essenzialmente tecnici. Cosicché anche l’ipotesi dominante, che lo vuole provinciale della parte orientale dell’impero, benché verisimile per l’abbondanza di citazioni in greco e di riferimenti a istituzioni di quei popoli, non ha fondamento certo. Il suo prestigio, sebbene nulla se ne sappia prima delll’epoca di Giustiniano, sarebbe comunque stato ininterrotto, come sembra dimostrare l’epitome delle Institutiones, giunta fino a noi, che risalirebbe all’inizio del IV secolo d.C.

Di Gaio sono anche noti, esclusivamente attraverso gli autori giustinianei, estratti di un’altra opera, le Res cottidianae, la quale, muovendosi nell’ambito degli stessi argomenti delle Institutiones, trattava in forma di più facile consultazione – e con un ordine leggermente diverso – gli elementi più comuni del diritto, quelli cioè di uso quotidiano; e c’è chi ha pensato variamente che si trattasse in realtà di una rielaborazione delle Institutiones o di una diversa redazione a partire dalla stessa fonte della prima opera.